Quando Heinlein scrisse Requiem,
era il 1940. La Luna sarebbe stata conquistata 29 anni più
tardi e
all’epoca, come testimonia la reazione del primo editore di
Heinlein
alla storia di Razzo G.2, l’idea che
l’Uomo potesse raggiungere la Luna era del tutto
inverosimile. In uno dei passi chiave di Requiem,
Harriman dice: “…Voi, giovani d’oggi,
siete cresciuti nell’epoca dei
viaggi spaziali come io in quella dell’aviazione. Sono molto
più
vecchio di voi, almeno di cinquant’anni, e quando ero piccolo
praticamente nessuno credeva alla possibilità che gli uomini
raggiungessero la Luna. Voi avete sempre visto i razzi e la prima
astronave è arrivata lassù quando eravate
ragazzini. Quando ero piccolo
io, faceva ridere solo l’idea. Ma io ci credevo! Leggevo
Verne e Wells
e credevo che avremmo potuto arrivarci, che ci saremmo arrivati!”.
Non è Harriman che parla, ma il Robert Heinlein del futuro
che,
attraverso le pagine di un racconto degli anni Quaranta, parla alla
generazione post-1969, a quella cresciuta con l’idea che la
Luna sia
dietro l’angolo, con le immagini di centinaia di razzi
lanciati da Cape
Canaveral, e ha dimenticato cosa significavano all’epoca le
idee di
Verne, di Wells e di Heinlein stesso. Come già si
è accennato in più
punti, c’è molto di Verne nei due racconti di
Heinlein. In entrambi i
casi la conquista della Luna non è affidata a un governo, ma
a un
ristretto gruppo di uomini che, grazie a finanziamenti privati,
riescono a realizzare in totale autonomia il razzo capace di portarli
sul satellite. Naturalmente c’è un grado maggiore
di maturità,
soprattutto grazie alle conoscenze tecniche di Heinlein: non mancano
nel racconto riferimenti alla possibilità di lanciare il
razzo
attraverso una sorta di “fionda”, che ricorda il
cannone di Verne. Ma
alla fine si accetta l’idea di usare un razzo a stadi con
carburante
convenzionale: lo stesso principio su cui si baserà
l’Apollo 11. Anche
il Pioneer di Heinlein è progettato per
tre persone, ma a causa
della mancanza di fondi il razzo partirà con un solo uomo a
bordo; e la
base di controllo nel racconto ricorda in modo prepotente le tante
immagini del centro spaziale della NASA in Florida che siamo stati
abituati a conoscere. A un certo punto, sviscerando i nomi dei luoghi
della Luna dati dagli astronomi, Harriman si sofferma su quello di Mare
Tranquillitatis ed esclama: “Che nome
promettente!”. Sarà proprio lì
che nel 1969 sbarcheranno gli uomini dell’Apollo 11. Quando
si parla
della forza profetica di Heinlein, dunque, sicuramente L’uomo
che vendette la Luna
è l’esempio che andrebbe maggiormente riportato a
mo’ di esempio.
L’impatto del racconto di Heinlein è stato
probabilmente ben più forte
di quanto si potrebbe immaginare. Nel 1980 un texano, Dennis Hope,
trovò una falla nel Trattato ONU sullo spazio esterno del
1967: esso
proibiva a qualunque governo di possedere corpi celesti e porzioni di
spazio, ma non faceva riferimento a individui o compagnie di diritto
privato. Il divieto di possedere parti della Luna esteso anche a
soggetti privati fu introdotto nell’art. 11 del Trattato
sulla Luna del
1979, ma esso non è mai stato ratificato dagli Stati Uniti
né da
nessuna delle principali nazioni del mondo. Su queste basi,
quell’anno
Hope riuscì dopo un po’ di difficoltà a
registrare presso l’ufficio
federale di San Francisco la proprietà privata della Luna.
Da allora,
Hope ha iniziato la vendita di lotti lunari tramite la Lunar
Embassy,
l’ambasciata lunare sulla Terra, che regola la vendita della
Luna
dietro concessione del suo “presidente”, Dennis
Hope (cfr.
http://www.lunarembassy.com). Finora, nessuna causa legale è
stata
intentata contro la Lunar Embassy, anzi molti
giuristi ne hanno
riconosciuti validi i principi alla base, e ciò ha spianato
la strada
per il successo dell’operazione: Hope ha fondato
successivamente la MoonEstates per lo sfruttamento
dei diritti, la Lunar Republic Society con tanto di
bandiera della repubblica e il Lunar Registry
per la vendita vera e propria di acri della Luna, con prezzi che
variano dai 18 dollari dell’offerta
‘budget’ per acri nel Mare Vaporum,
ai 37,5 dollari del ricercatissimo Mare Tranquillitatis
(cfr. http://www.lunarregistry.com/land/index.shtml). Hope
sostiene che
finora più di tre milioni e mezzo di persone (incluse
Reagan, Carter e
altri ex e neo leader politici) abbiano acquistato appezzamenti del
nostro satellite nel corso degli anni. Sulla base di questo
principio sono fiorite ovunque società sul modello di quella
di Hope,
in acerrima competizione tra loro. La Lunar International,
che vende anche in Italia attraverso il Catasto Lunare
(cfr. http://www.catastolunare.com), invita gli utenti a diffidare del
progetto di Hope sostenendo il proprio come unico valido. Le
proprietà
vendute sono legali a tutti gli effetti, compresi diritti di
sfruttamento del sottosuolo dell’appezzamento fino a cinque
chilometri
sotto terra, ma solo se la Lunar International
riuscirà, con i proventi delle vendite, a riportare
autonomamente l’Uomo sulla Luna. A questo scopo, la Lunar
International non è altro che l’agenzia
di vendita di una più complessa società, la Society
for Lunar Exploration and Development,
che ha appunto come obiettivo primario riportare gli uomini sulla Luna
e garantire loro il pieno godimento delle proprietà
acquistate. Davvero
l’idea di D.D. Harriman non sembra più
così campata per aria! E se oggi
è possibile per tanti innamorati regalare alla propria
fidanzata interi
acri della Luna, sognare di costruirci una casa e sperare che un giorno
il nostro satellite sia stabilmente abitato da esseri umani, un
po’ lo
si deve anche a Robert Heinlein, il primo uomo che vendette la Luna
(senza guadagnarci niente in cambio, se non un po’ di fama).
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