  La Luna torna ora con tutta la sua carica visionaria:
il sogno di Harriman bambino, che vuole toccarla con un dito; la
speranza di diventare astronomo studiando all’università; le notti
spese fuori la veranda a osservare “la vecchia amica”. Ora Harriman
desidera raggiungere la Luna al termine della sua vita, liberandosi per
sempre delle pastoie che lo hanno tenuto a terra. Poco dopo ritorna
prepotentemente il tema della disillusione e del realismo: prima una
causa legale cerca di togliere ad Harriman la facoltà di disporre dei
suoi beni privati, da lui scialacquati per finanziare in gran segreto
la costruzione del razzo; poi alcuni ufficiali rintracciano il cantiere
dove si sta costruendo il razzo e tentano di arrestare i piloti e il
vecchio Harriman. Ma questa volta non c’è forza capace di fermare il
suo sogno: l’agente locale viene immobilizzato, i tre uomini
s’imbarcano di gran carriera sul razzo battezzato all’ultimo momento Lunatic
e puntano verso la Luna. Ritorna infine, questa volta vincitore, il
tema dell’immaginazione. Il razzo “lunatico” porta finalmente Harriman
sulla Luna, dove il vecchio – steso sulla sua superficie fissando la
Terra all’orizzonte – si addormenta infine per sempre mentre i suoi
sogni si confondono con la realtà. Ecco dunque che il continuum in Requiem
è: concretezza – immaginazione – concretezza – immaginazione.
Esattamente il rovescio del precedente. Messo in questi termini, è
evidente come questo “doppio racconto” riassuma in sé l’intera
complessità della produzione di Heinlein. La stridente dicotomia tra
un’indomabile forza utopica e una più prosaica concretezza tematica,
che si rintraccia in quasi tutte le opere di questo autore, da I figli di Matusalemme (Methuselah's Children, 1941) a Straniero in terra straniera (Stranger in a Strange Land, 1961) ha forse qui la sua prima matura elaborazione.
Ritroviamo innanzitutto l’anelito della conquista dello spazio, un leit motiv
che domina tutto l’arco della produzione di Heinlein; e soprattutto la
perdurante quanto ingenua certezza che tale conquista sia alla portata
di chiunque. Fedele al sogno americano per cui nulla è impossibile al
singolo individuo, Heinlein crede con convinzione nella possibilità che
chiunque possa costruire un razzo spaziale e raggiungere prima la Luna,
poi magari Marte e successivamente tutti i mondi della galassia. L’uomo che vendette la Luna e Requiem
possiedono estremizzato all’ennesima potenza quello spirito
pionieristico che pervade le opere di Heinlein (Proietti S., 2008), che
fu il primo teorizzatore dello spazio come “ultima frontiera”. Il razzo
che porta il primo uomo sulla Luna è battezzato Pioneer. Più
volte D.D. Harriman paragona la conquista della Luna – e il business da
essa derivante – alla conquista del West nella storia pionieristica
dell’America, una conquista dove l’eroismo dei primi avventurieri si
unì ben presto alle grandi speculazioni finanziarie della ferrovia. La
conquista della frontiera è parte dell’immaginario collettivo americano
che Heinlein recepisce nella sua produzione, è la possibilità concessa
a chiunque di arricchirsi attraverso l’iniziativa privata, in tutta
libertà rispetto ai lacci e lacciuoli del potere statale. In entrambi i
racconti di Heinlein lo Stato è visto come un nemico che, seppur non è
possibile sconfiggere, va necessariamente raggirato. Lo scopo è quello
di impedire la prevedibile corsa dei governi della Terra
all’appropriazione della Luna per i propri scopi: Harriman sogna di
fare della Luna un territorio del tutto indipendente dagli Stati
terrestri, dominio della libera iniziativa privata di ciascuno. Nella Storia Futura questo obiettivo viene conseguito quando, in La Luna è una severa maestra,
si assiste alla guerra fratricida tra le colonie indipendentiste della
Luna e le Nazioni Federate della Terra. In questo romanzo Heinlein
esplicita quel parallelismo “in nuce” nei due racconti qui citati (di
molto anteriori): la Luna è la nuova patria dell’iniziativa
individuale, come all’epoca furono gli Stati Uniti d’America nell’epoca
pionieristica delle colonie e della guerra d’indipendenza dal giogo
dell’asfissiante potere della madrepatria britannica. La Luna, per
Heinlein, significa libertà.
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