AAA... Apocalisse cercasi | di Giorgio Signori | |
Anche stavolta la data è certa, il 10 settembre 2008, e anche stavolta è il paradigma scientifico ad inseguire scenari fantascientifici. Al CERN di Ginevra viene inaugurato il Large Hadron Collider, un acceleratore di particelle. La notizia, che normalmente sarebbe passata forse al massimo su qualche numero di Focus perchè di scarsissimo interesse per un pubblico generalista, stavolta è sulle prime pagine e tutti ne parlano. L’LGH è infatti in grado di riprodurre le condizioni della nascita dell’universo. Ma l’uomo ancora una volta non riesce a concepire una cosmogonia priva di apocalisse, di conseguenza allo stesso macchinario, in un incrocio sublime di estremi che si attraggono, viene attribuito il potere di porre fine all’esistenza dell’uomo, colpevole di essersi attribuito poteri generativi esclusivi di un’entità fondante superiore. Il medium? Un piccolo buco nero in grado di nutrirsi dell’esistenza stessa e di inghiottire, come un moderno Blob tecnologico non più alieno ma umano, l’intero pianeta nell’arco di un triennio. E così Walter L. Wagner e Luis Sancho, due scienziati in probabile corsa verso la notorietà, si appellano alla Corte Europea dei Diritti Umani, per avvisare, profeti dell’estremo traguardo, della Fine del Mondo. Anche in questo caso la minaccia è tutto sommato canonica, e risponde ancora una volta al bisogno dell’uomo di immaginare una fine laddove si configura l’inizio. Ma nonostante l'improbabilità scientifica che si verifichi un evento catastrofico di tale portata, la notizia batte giornali, televisione, blogosfere. Si fa leva più che sulla curiosità scientifica, sulla paura, la cui fascinazione è sintomatica di un sentire diffuso che non ha difficoltà, nella società del rischio, a diffondersi e a risultare credibile pur essendo l'evento catastrofico di fatto statisticamente tanto improbabile quanto la caduta della Luna sulla Terra. Rispetto al Millenium Bug sono passati 8 anni, e in mezzo a questi 8 anni c’è un “11 settembre” che ha reso verosimile anche il più catastrofico degli scenari. Il buco nero stavolta racconta della società del rischio e dell’incertezza, del conflitto tra scienza e religione, di un Prometeo che anziché rubare il fuoco si appropria della vita stessa, così come i dibattiti sociali e sociologici sul corpo affrontano la vita in vitro, la clonazione, la titolarità sulla propria vita e i propri organi. La generazione di un buco nero a ogni modo imita nella forma gli scenari catastrofici che la narrativa e il cinema di fantascienza esplorano da oltre un secolo, e che le religioni e le prospettive escatologiche descrivono da millenni. Il gioco dell’immaginazione è tuttavia affascinante, e vogliamo assecondarlo. Se la scienza imita la fantascienza, perché non immaginare il soggetto di un film basato proprio sulle previsioni nefaste ipotizzate da scienziati bisognosi di popolarità? La sinossi potrebbe essere non dissimile da questa:
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[1] [2] [3] (4) | ||
. A. Abruzzese, D. Borrelli, D. L’industria culturale. Tracce e immagini di un privilegio, Carocci, Roma, 2000. . Corano,
Sansoni, |
. Esiodo, Le opere e i giorni, VIII secolo a.C., Studio Tesi, Pordenone, 1994. .
C.
Pinzani, Da Roosevelt |
. S. Kubrick, Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb, Gran Bretagna, USA, 1964, Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba, 2004. |
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