La
narrativa di finzione, infine, rispetta allo stesso modo tali principi,
anche se a volte (per esempio nel filone catastrofico), non manca di
contravvenire a quello dell’inevitabilità laddove
l’eroe “salva
l’umanità”, e a quello
dell’informazione, quando la catastrofe viene
evitata all’insaputa del mondo intero, che continua a vivere
serenamente la propria quotidianità. Tuttavia non mancano
esempi nei
quali tali principi vengono rispettati. Spostandoci nel campo
cinematografico, ma restando negli anni del non-conflitto, il tema
della non controllabilità della reazione viene proposto, in
chiave
ironica e satirica, nel Dottor Stranamore di
Stanley Kubrick.
Nel film, in cui un generale americano violando le procedure di
sicurezza ordina un attacco atomico sull’Unione Sovietica,
non ci sarà
alcuna possibilità di disinnescare il terribile
“Ordigno Fine del
Mondo” un sistema automatico di risposta che, contro la
volontà di
entrambe le superpotenze, esploderà ironicamente sulle note
della
canzone We’ll Meet Again, generando una
reazione a catena
fatale per l’intero pianeta. La
rappresaglia istintiva,
incontrollata,
generata dall’isterismo militare, è a tutti gli
effetti un topos
costante che si cristallizza con una certa regolarità nella
produzione
americana. Il mondo del giornalismo, a sua volta, non rinuncia a
sfruttare la fascinazione emanata dalle predizioni apocalittiche, che
possiedono un appeal irresistibile per vaste audience. Negli ultimi
anni si è verificata una significativa accelerazione di
questa
propensione, che avvicina singolarmente gli scenari della scienza a
quelli della fantascienza. Un caso eclatante che ormai quasi dieci anni
fa ha sollevato un allarme (e un business) sproporzionato rispetto alla
rilevanza della minaccia è stato l’ormai
fantomatico Millenium Bug, che
alla fine degli anni Novanta veniva descritto come il possibile fautore
del collasso dell’umanità, una volta tanto con una
data precisa come
nelle migliori profezie medievali sull’anno 666, il Mille e
affini. Il
bug sarebbe stato causato dalla teorica impossibilità dei
computer di
gestire il passaggio dalla data 19xx a quella 20xx, a causa della
miopia degli sviluppatori informatici che non avrebbero previsto il
cambio di millennio e avrebbero affidato alle sole ultime due cifre
dell’anno la memoria della data di qualsiasi operazione
basata sul
calcolatore. Lo scenario descritto era, di nuovo, apocalittico: i
computer si sarebbero bloccati tutti e contemporaneamente,
l’economia
sarebbe collassata istantaneamente bruciando inimmaginabili somme di
denaro virtuale, l’elettricità si sarebbe
interrotta lasciando al buio
il mondo intero, tutti gli aerei sarebbero caduti fermandosi
istantaneamente: il caos totale. La ricetta anche in questo caso
c’è
tutta: l’espiazione di una colpa dell’essere umano,
l’inevitabilità del
processo, la consapevolezza della fine veicolata da ogni mezzo di
comunicazione possibile. In realtà, nel peggiore dei casi, a
restare
vittima del Millenium Bug è stata qualche segreteria
telefonica, e ciò
era tutto sommato prevedibile anche tra i non addetti ai lavori,
tuttavia la fascinazione della fine non ha impedito alla grande bufala
dello Y2K di restare per sempre impressa nella storia del mondo e di
ispirare una quantità di prodotti materiali e immateriali a
esso
collegati, da servizi per prevenire il disastro, a gadget, a trame di
film, cartoni animati, fumetti. Una bufala, appunto, mitica, che
incarna tuttavia una serie di trasformazioni sociali e del sistema
delle comunicazioni. Il Bug racconta ben altro della società
a cavallo
tra due secoli e due millenni, racconta dei timori di una progressiva,
totale e inevitabile informatizzazione della società.
Racconta del
completamento dello spostamento dei flussi economici sulle reti,
racconta della morte degli archivi cartacei (e quindi della memoria
scritta), racconta di internet sul computer di casa, racconta del
telefonino. In generale, il Millenium Bug racconta una
società che si
trova di fronte a un cambiamento nelle proprie abitudini ed esprime la
propria perplessità nell’affidare al computer e
all’informatica, in
definitiva alla scienza, settori vitali della propria esistenza. Dal
2000 sono passati otto anni prima di un nuovo annuncio della fine del
mondo.
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