Suonando, dovendo porre se stesso e le parti del
corpo su tutte le diverse parti dello strumento, può
accadere al batterista di sentirsi suddiviso in diversi frammenti
corporei, separati dal resto del corpo nella sua interezza ma pur
mantenendo ciascun frammento una propria autonomia? Allo stesso tempo
come può il batterista ritrovare una sua
‘riassunzione globale’? Domanda
interessante. Tutti i batteristi praticano un qualcosa chiamato
‘indipendenza’: il batterista lavora nella
creazione di diversi pattern con diversi arti. Egli pratica questo
mentre il suo corpo rimane centrato. Può poi eseguire le
diverse combinazioni ritmiche e improvvisare delle variazioni su di
essi. Il batterista suona meglio se tiene presente il punto di inizio,
l’origine del pattern o dell’idea. Spesso le
improvvisazioni stesse devono essere sezionate in segmenti
precedentemente provati. La questione principale è: dove,
quando e perché si usano certi modelli, idee o
improvvisazioni. Per me, tutto questo è parte di
ciò che rende interessante suonare la batteria.
Diverse parti del corpo, diversi segmenti, e la voce?
Qual è per il batterista la relazione con la voce, il
respiro, le vibrazioni della bocca, delle labbra? Tutti
noi dobbiamo respirare mentre viviamo e suoniamo. Qualche volta
facciamo qualcosa che ci fa trattenere il respiro mentre siamo sulla
scena. Non che sia una cosa buona da fare tecnicamente. Talvolta
possiamo anche cantare la canzone che stiamo suonando o cantare i temi
di base su cui un altro sta improvvisando, nel mentre improvvisiamo noi
stessi. Per i batteristi ci sono due mondi: il mondo del ritmo e della
percussione, e il mondo di quanto si verifica manifestandosi
melodicamente. Ciò che facciamo è applicare il
ritmo alla melodia…l’idea è che
percepiamo che c’è una componente ritmica in ogni
melodia o almeno una sua componente percussiva. Viviamo in un mondo che
comprende sia il ritmo sia la melodia. Ci concentriamo soprattutto
sulla realtà percussiva.
Quindi il batterista si percepisce come un corpo
unico? Direi di sì, che il
batterista percepisce davvero se stesso come un unico corpo, ma non
è diverso dagli altri strumenti di un ensemble o di
un’orchestra, corpi unici nel suono, timbro e funzione.
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foto di Mattew Campbell
Suonando la batteria si verifica un continuo e
persino simultaneo passaggio da un tipo di suono all’altro,
tra diversi tipi di suoni piuttosto che un suono univoco. Diversi tipi
di percussioni ma anche diverse aree di percussione, in una relazione
continua tra materiali-emozione-percezione -trasmissione-emissione del
suono-espressività e tutto questo all’interno di
uno spazio sonoro, d’ascolto… Ci
sono diversi tipi di percussioni. I piatti, i tamburi, i timpani e
altri che, tecnicamente, sono considerati strumenti a percussione:
pianoforte, chitarra, basso, marimba, xilofono. Sono tutti di diverso
materiale e si pongono in una diversa relazione tra
materia-suono-emozione-emissione-espressività. Alcuni di
essi hanno una capacità melodica molto diretta, tuttavia
sono considerati strumenti a percussione. Questo per dire che i diversi
suoni nelle percussioni sono molto aperti, e che le idee di cosa un
percussionista può fare possono qualche volta essere
illimitate. Alcuni strumenti a percussione hanno i loro limiti, ma con
abilità possiamo orientare gli ascoltatori verso una
direzione che permette loro di sentire e intuire ulteriori strumenti e
melodie. Ci sono molti movimenti davvero interessanti nel suonare la
batteria che permettono al batterista di usarla in modo non
convenzionale utilizzando diverse bacchette, campane, elettronica, i
fianchi del tamburo, piatti dal suono inaspettato, eccetera. Milford
Graves e Gino Robair, tra gli altri, sono batteristi che hanno speso
molto tempo in questo tipo di sperimentazioni...
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