[ conversazioni ] | english text | |
Donald Robinson, tra fisicità e linguaggio di Erika Dagnino |
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foto di Mattew Campbell |
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D
onald Robinson, batterista, percussionista, è una figura chiave della scena dell’avanguardia jazz in San Francisco. Ha suonato con musicisti quali John Tchicai, Marco Eneidi, Larry Ochs, Miya Masaoka, Matthew Goodheart e con importanti ospiti tra cui Cecil Taylor, Wadada Leo Smith, George Lewis, Raphe Malik e Paul Plimley. Nella sua formazione artistica ha studiato a Parigi con Kenny Clarke e suonato con Alan Silva, Anthony Braxton, Oliver Lake e Bobby Few. Molte le performance e le registrazioni dal sodalizio artistico con il saxofonista Glenn Spearman. Attivo anche in duo con il bassista Lisle Ellis. Quella che segue è una conversazione che approfondisce il rapporto tra evento performativo e comunicazione, che coinvolge tutto il corpo con l’imprescindibile partecipazione dell’attività percettiva. Dove l’ascoltatore, ma anche l’artista, ha facoltà o necessità di ridurre tutta la sua persona ad un unico senso e/o alla totalità e specificità dei sensi spendibili, in una continua dialettica tra frammentazione e ricomposizione, tra separazione e riassunzione globale. L’improvvisazione come sorta di scrittura
automatica non verbale è una sorta di scissione
tra la consapevolezza e lo scatenamento, un lasciar parlare quello che
potrebbe chiamarsi il Sé profondo… |
Non
direi che c’è una scissione tra consapevolezza e
‘scatenamento’. Qualche volta la forma
dell’espressione prende davvero la forma dello scatenamento.
Qualche improvvisazione è molto consapevole. Anche le
reazioni e le espressioni dell’artista assumono una loro
consapevolezza rispetto alle situazioni, gli stati d’animo e
le condizioni di vita. L’improvvisazione è
più interessante quando riusciamo a focalizzare un reale
dilemma, una complessa situazione reale, a parlarne, dando visione e
parlando alle nostre e alle emozioni degli altri. Per esempio John
Coltrane, quando suona i temi nord africani e lo fa in direzione di un
centro calmo, caldo, lirico, dando all’ascoltatore un senso
di calma, pace, forza e direzione; e Béla Bartók,
distillando un momento di meditazione fino a portare il pensiero in una
dimensione colma di bellezza. Gli scatenamenti fanno parte
dell’intervento, del discorso, anche se non posso affermare
con certezza che l’improvvisazione sia intorno agli
scatenamenti, vorrei però dire che ci sono una
libertà e una scioltezza, una assoluta libertà di
esprimersi, cioè di andare oltre le forme convenzionali
quando sembra appropriato. Questo, certamente, richiede che si abbia la
libertà di esprimere se stessi. A qualcuno può
sembrare che l’improvvisazione sia soltanto un mondo dove, in
seguito a una reazione nervosa, scarichiamo associazioni libere senza
senso né direzione, ma in realtà non funziona in
questo modo. Le associazioni e i modi per esprimerle sono
ciò che dà senso alla composizione simultanea,
altrimenti è soltanto rumore senza alcun significato.
C’è poi anche un rumore senza senso. Ma questo
può produrre lo sviluppo di un intervento
(c’è chi ha proprio bisogno, per così
dire, di uno sfogo, di uno scaricamento, cosa che a sua volta implica
un intervento. Ma se questo rimane il solo commento, alla lunga diventa
noioso). |
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