James G. Ballard, lo scrittore di science fiction,
spesso nei suoi romanzi (High-rise, Millennium
People, Cocaine Nights) ha
costruito scenari in cui all’interno di contesti protetti o
garantiti, tipici delle classi medio-alte, si producono situazioni che
portano allo scatenarsi della violenza – come sfogo per le
tensioni che si producono in gruppi chiusi, routinari, compressi.
Ritiene che i suoi lavori abbiano una dimensione sociologica che va
oltre le necessità della narrativa? Non
ho mai letto James Ballard. Ma sembra un modo altamente irreale di
raffigurare la violenza. Questo non è un approccio insolito.
Quando si ricorre a questi metodi irreali per rappresentare la violenza
– e soprattutto la violenza che vediamo nei film o in TV
– il risultato è poco credibile. Non riesco
più a seguire i film violenti – mi sembrano
ridicoli.
La teoria del rituale dell’interazione ci
consente di esaminare i meccanismi attraverso cui si produce
solidarietà tra i membri di un gruppo. Questo modello
teorico come caratterizza, in termini di esperienza rituale, i gruppi
terroristici legati all’Islam? Come ho
spiegato prima, i rituali dell’interazione hanno luogo in
ogni aspetto della vita quotidiana. Ma questi rituali variano molto per
intensità. Alcuni di essi – e Goffman li ha
studiati molto approfonditamente – sono molto brevi, solo
occasioni minori di sincronizzazione. Alcuni rituali
dell’interazione non hanno successo, e producono un rifiuto
da parte dei partecipanti. Alcune interazioni si fanno
perché si devono fare, e la gente partecipa
all’attività condivisa ma, dal punto di vista
della partecipazione emotiva, non si armonizza o si sente costretta e a
disagio. Invece, altri rituali sono prolungati, e raggiungono alti
livelli di armonia emotiva. Questi rituali producono sentimenti molto
forti di solidarietà. In più, sono questi tipi di
rituali che creano e riproducono forti credenze culturali. Se un gruppo
può isolarsi e portare avanti rituali che si ripetono e che
producono emozioni forti, i partecipanti si sentiranno pieni di
energia, e si sentiranno anche moralmente molto corretti. I gruppi
ideologici di maggior successo sono quei gruppi che praticano questi
tipi di tecniche rituali.
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C’è una similitudine (in termini
di simboli, intensità, densità, ecc.),
all’interno di un ipotetico conflitto tra Oriente e
Occidente, tra i rituali di solidarietà dei gruppi che
parteciperebbero a tale conflitto e che in virtù di esso si
cementano? Gli stessi concetti, forse artificiosi, di
“Oriente” e “Occidente” possono
essere considerati veri e propri simboli intorno ai quali si crea un
sentimento emozionale comune tra i membri dei gruppi, orientandone una
eventuale mobilitazione? Sì, possiamo
dire che qualsiasi gruppo fortemente mobilitato è simile,
per quanto riguarda il livello di base delle tecniche sociali che usa.
È importante ricordare che i contenuti delle credenze di un
gruppo sono supportati dall'intensità emotiva dei
suoi rituali. I contenuti delle credenze diventano ciò che
Durkheim ha chiamato un "oggetto sacro", un simbolo collettivo che
rappresenta l’appartenenza al gruppo. Ecco perché
gruppi altamente mobilitati, anche se sono simili per quanto
riguarda la struttura e le regole, sono comunque molto diversi tra di
loro – hanno diversi simboli collettivi, considerano sacri
oggetti diversi. Qualche volta gli oggetti sacri vengono costruiti per
essere completamente antitetici tra di loro. Ognuno d’essi
diventa un "oggetto sacro e negativo" per un altro d’essi,
come Dio e il Diavolo. Per alcune persone, l’Est e
l’Ovest diventano tipi simili di simboli opposti, di
dicotomia conflittuale.
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