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Nella Guida galattica compare infatti l’ultraparanoico androide Marvin, condannato da una sorta di “legge della robotica” a servire l’uomo contro la sua volontà; ciò gli provoca un enorme depressione derivante dalla consapevolezza che il suo genio incommensurabile deve prestarsi unicamente ai ristretti desideri umani: “Eh sì, guardatemi: ho un cervello vasto come un pianeta, e mi chiedono di accompagnarvi sul ponte di comando! E voi umani parlate delle ‘soddisfazioni che dà il lavoro’? Bah!”. Se Marvin è evidentemente la parodia dei robot al servizio dell’uomo tipici della narrativa di Asimov, sempre da Asimov deriva l’idea di Adams per “Pensiero Profondo”, il super-calcolatore costruito da una geniale civiltà per trovare “La Risposta alla Vita, all’Universo e Tutto Quanto”. Infatti Pensiero Profondo altro non è che l’erede di MUltivac, il supercomputer che nel celeberrimo racconto asimoviano L’ultima domanda impiega miliardi di anni per giungere a formulare una risposta alla domanda se l’universo potrà mai tornare a nuova vita dopo la sua morte entropica. Ma mentre Multivac giunge a una risposta davvero ultradivina, creando da sé il nuovo universo, Pensiero Profondo dopo sette milioni e mezzo di anni dà come risposta semplicemente “42” e facendo riflettere parecchio i poveri eredi dei costruttori del cervello elettronico sulla vacuità dell’universo. Il signor Carmody nel romanzo di Sheckley ha anche lui a che fare con un calcolatore piuttosto fallace che conferisce il premio della lotteria galattica al Carmody terrestre anziché al Karmody del pianeta 73 C per un banale errore, giustificando in questo bizzarro modo: “Sono stato costruito con straordinaria precisione… con la tolleranza massima di un errore su cinque miliardi di operazioni. La conclusione è evidente: sono stato programmato per l’errore… Non dovete dimenticare, signori, che per una macchina l’errore ha un valore etico, anzi è l’unico valore etico… Il funzionamento difettoso è, lo ammetto, il nostro modo di rendere omaggio a ciò che è più perfetto di noi, ma che tuttavia non si concede una perfezione visibile”. Probabilmente Bill Gates lesse questo romanzo quando realizzò il suo primo sistema operativo e noi tutti dovremmo tenere a mente questa splendida sentenza quando il nostro Windows dà di matto. La Terra e l’Uomo: il dilemma antropocentrico. Da quando Copernico prima e Galilei dopo dimostrarono scientificamente che la Terra non è al centro dell’universo, l’umanità ha cercato tutte le possibili scappatoie per ridare centralità al nostro piccolo mondo periferico. Oggi la teoria del Disegno Intelligente è solo l’ultima tappa di un disperato e arrogante desiderio umano di sentirsi superiore a qualcosa. È perciò piuttosto scioccante per Arthur Dent scoprire che la “Guida Galattica per Autostoppisti” dedica alla voce Terra una sola frase: “Fondamentalmente innocua”. Ancora più sconvolgente è l’apprendere che gli esseri umani sono solo al secondo posto nella classifica delle specie intelligenti della Terra, poiché i delfini occupano di diritto il primo gradino e si fanno beffe dei rozzi tentativi dell’uomo di comunicare con loro. L’apoteosi dello shock culturale per Arthur Dent giunge quando gli viene rivelato che la Terra non è che un grande calcolatore vivente progettato per esplorare gli enigmi dell’esistenza e che i supervisori del progetto altri non sono che i nostri comunissimi topi. Qualcosa di molto simile capita al signor Carmody quando scopre che al Centro Galattico il pianeta da cui proviene non è tenuto in grande considerazione: “La Terra è stata indicata come pianeta abitato da una specie che ha l’ossessione di produrre. La manipolazione di oggetti è la sua caratteristica principale. Si prefigge di vivere in maniera autosufficiente, accumulando i prodotti di scarto. In breve, la Terra è un posto malato. Ritengo che verrà esclusa dal Piano Principale Galattico per incompatibilità cosmica. In seguito, il luogo verrà bonificato e trasformato in un rifugio per asfodeli”. Dalla Terra distrutta dai Vogon nella Guida galattica per far spazio all’autostrada interstellare alla Terra trasformata in vivaio nel romanzo di Sheckley, è evidente che le razze aliene hanno di meglio da fare che venirci a conquistare perché il nostro è il più bel mondo del circondario. Nel suo ventiduesimo viaggio, Ijon Tichy giunge su Andrigonia, dove le autorità locali gli concedono l’onore di assistere a un esame di maturità. Qui un professore chiede al candidato di dimostrare “perché la vita sulla Terra è impossibile”. La dimostrazione scientifica non fa una grinza e, quando il povero Tichy cerca di spiegare alla commissione esaminatrice che lui proviene dalla Terra e che lì la vita è possibile, gli risponde un silenzio ammutolito. La Terra, semplicemente, non può per definizione ospitare la vita. Effettivamente, osservando alla luce delle attuali scoperte scientifiche quanto difficile sia la nascita della vita nell’universo, ci viene da pensare che noi esseri umani, piuttosto che essere il frutto di un dono divino, siamo il prodotto di un terribile errore cosmico. In conclusione, non poteva che spettare alla fantascienza il compito di mostrare all’uomo quanto piccolo e insignificante egli sia in confronto all’universo di cui è parte. Se è vero, com’è vero, che la fantascienza è la chiave per leggere attraverso un punto di vista alternativo la realtà che ci circonda, allora Sheckley, Adams e Lem per primi hanno contribuito a mostrare alla civiltà occidentale quanto ingenua sia la sua idea di superiorità rispetto al “resto del mondo” e quanto il relativismo, tanto osteggiato in questi tempi, sia una condizione essenziale per capire quale sia il nostro posto nel cosmo.
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