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Girovagando per assurdi universi | |
di Roberto Paura | |
L’incontro con l’Altro è sempre avvenuto, nella storia umana, attraverso un viaggio; che si tratti di “banali” viaggi motivati da interessi economici (Polo), di esplorazione (Colombo) o dettati dal più disinteressato desiderio di conoscenza (Erodoto) poco cambia, perché è attraverso il viaggio che l’Occidente ha conosciuto l’alterità e ha iniziato a rappresentarla a modo proprio, finendo poi per dominarla. Ma se l’Uomo, uscendo dai ristretti orizzonti del nostro pianeta, decidesse di cominciare a viaggiare tra le stelle nella speranza che la storia si ripeta? E se, nel corso di quel viaggio, l’Uomo incontrasse sì l’Altro, ma un altro completamente diverso da ogni sua aspettativa, la cui intenzione è quella di assoggettarlo piuttosto che di essere assoggettato? E se, peggio ancora, questo “altro” lo ignorasse cordialmente, accantonando la nostra specie come “semplicemente innocua”? Che smacco per lo smisurato orgoglio umano!
Un’idea del genere ha
accomunato tre romanzi di fantascienza piuttosto al di fuori degli schemi: Il
difficile
Viaggi spaziali: il
dilemma delle distanze.
Spostarsi da un punto all’altro nel più breve tempo possibile è da sempre uno
dei grandi problemi dell’umanità; quando il problema è stato applicato ai viaggi
extraterrestri è diventato quasi insolubile. Verne e Wells si scannavano a
distanza su quale fosse il modo più scientificamente plausibile per coprire in
breve tempo grandi distanze interplanetarie, poi qualcuno (forse John Campbell)
ha inventato l’iperspazio giustificandolo con dubbie teorie
relativistiche e ha risolto il problema. Douglas Adams con il suo motore a
improbabilità infinita si prende sonoramente gioco di tutte le circonvoluzioni
intellettuali che hanno fatto penare per decenni gli scrittori di fantascienza
sull’argomento dei viaggi spaziali. La barriera della velocità della luce è
impossibile da infrangere? “No, solo molto improbabile!” è la risposta della
Guida galattica. Ed ecco che la nave a propulsione
Viaggi nel tempo: il dilemma dei paradossi. Il grande problema dei viaggi nello spazio è quello di evitare la noia e la morte per vecchiaia nel corso della traversata; ma ben più gravi sono i problemi del viaggio nel tempo, materia che per definizione fa venire sempre grandi mal di testa. Quando poi, come Einstein insegna, spazio e tempo si fondono insieme, allora le cose si fanno davvero serie. Così, capita che nell’andare a cena al “ristorante al termine dell’universo” (come accade agli eroi di Adams nell’omonimo secondo capitolo della sua saga) si possa assistere dalle sue grandi vetrate al collasso finale del cosmo, che avverrà tra centinaia di miliardi di anni nel nostro futuro. Ancora peggio è ciò che succede al povero Tichy quando, illusosi di poter dirigere un’associazione benefica intenzionata a cambiare in meglio il corso della storia umana, assiste impotente agli errori grossolani dei suoi dipendenti dai quali derivano, nel passato, le grandi tragedie della storia, a dimostrazione che lo spazio-tempo è un circolo irrimediabilmente chiuso. Accade così che un incidente nel futuro porti all’inabissamento di Atlantide o che, per un disgraziato errore di calcolo, i cavalli introdotti nell’America precolombiana tirino le cuoia nel quaternario impedendo l’illuminato proposito di evitare il genocidio dei conquistadores.
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