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Incorporando il viluppo tumultuoso delle forme eterogenee di potere nelle orrifiche fantasmagorie del quotidiano, Dick fonda la simultaneità narrativa di più spazi e più tempi sulla matrice rutilante di opere in cui ogni piano può essere letto in controluce su altri. In un altalenante tracciato tra il magma e la cenere, tra il sangue e il metallo, l’irruenza dei viaggi paralleli, l’imperfezione delle armonie impreviste, l’ambiguità degli sfaccettati finali, perfino i disperati e vani rimandi di vita, tradotti inesorabilmente nel proprio contrario, confluiscono nella determinazione dei personaggi di farsi agenti del proprio destino. Così, dal gioco dinamico e crudele della tragica vitalità del sorgere e del perire emergono uomini che non assistono inermi al fluire disordinato degli avvenimenti, ma, eroicamente coscienti della propria finitudine, tentano comunque di riscattare l’individualità, imponendosi all’accaduto, elaborando significati, percorrendo il versante creativo della volontà di affermazione di fronte all’assurdità della sofferenza, al ripetersi arbitrario e incessante del caso, alla cecità deterministica delle proprie randagie destinazioni, inarrestabili reinvenzioni di inedite combinazioni. Dall’impossibilità di scorgere l’azione di una logica operante nel processo storico, e dalla percezione dell’irrilevanza della sorte umana al cospetto dell’insondabile immensità dell’universo, affiora in Dick la capacità di raccontare una storia diversa, sospesa tra il tempo e l’eternità. Nel disconoscimento di una visione teleologica del realizzarsi storico le possibilità si concretizzano in oggetti di esperienza, catturando il pathos della vita e spaziando nei campi del probabile, cosicché il nulla dickiano, come il vuoto quantistico in cui la materia si condensa, diventa l’esatto contrario di ciò che presumibilmente indicherebbe, e si traduce nello spazio ribollente del divenire, capace di intrecciare il nodo cosmico della soggettività con gli orizzonti della materia e della conoscenza, luoghi sia di salvifiche catarsi sia di infernali epifanie. Il trasformarsi dei cimiteri in magazzini di vita, il confluire dei labirinti di morte in nuove mete, il ridelinearsi degli stadi primitivi delle configurazioni materiali degli artefatti sono processi animati da una pulsione autenticamente terrena, e rinvengono il proprio significato nella certezza dell’istante, nella contingenza del reale, nella continua attività di creazione e ricreazione svolta da individui che attribuiscono senso ad un agire inserito in una temporalità discontinua, e che ricostituiscono le interruzioni, ricompongono l’infranto, caricando di valore condotte ispirate a principi eterni, senza tempo. Pur nell’emancipazione dalla ricerca dell’assolutezza, il tentativo di spiegare l’inconoscibile è un impulso che Dick ha profondamente avvertito, elaborando una complessa interpretazione teologica della tecnologia planetaria. Il distacco dal reale è solo apparente, totale invece è l’adesione alla concretezza della vita, al suo spessore duro e opaco, e coraggiosa è la volontà di sondare le contraddizioni, i contrasti, i conflitti di un esistente senza fondamento, intarsiando memoria e desiderio e fondendo il bisogno metafisico con l’inestinguibile necessità interpretativa dell’individuo agente e conoscente nella centralità dell’attimo che acquista l’eternità.
Opere di Philip K. Dick citate
Martian Time-Slip, New York, Ballantine, 1964, trad. it. di C. Pagetti, Noi marziani, Roma, Fanucci, 2002. The Simulacra, New York, Ace, 1964, trad. it di M. C. Pietri, I simulacri, Milano, Editrice Nord, 1994. The Three Stigmata of Palmer Eldritch, Garden City, Doubleday, 1965, trad. it. di U. Rossi, Le tre stimmate di Palmer Eldritch, Roma, Fanucci, 2003. Flow my Tears, the Policeman Said, Garden City, Doubleday, 1974, trad. it. di V. Curtoni, Scorrete lacrime, disse il poliziotto, Milano, Mondadori, 2000. A Scanner Darkly, Garden City, Doubleday, 1977, trad. it. di G. Frasca, Un Oscuro Scrutare, Roma, Fanucci, 1998. The Transmigration of Timothy Archer, New York, Simon and Schuster, 1982, trad. it. di V. Curtoni, La trasmigrazione di Timothy Archer, in Trilogia di Valis, Milano, Mondadori, 2000. The Shifting Realities of Philip K. Dick: Selected Literary and Philosophical Writings (edito da Lawrence Sutin), New York, Armonk, Baror International Inc., 1995, trad. it. di G. Pannofino, Mutazioni. Scritti inediti, filosofici, autobiografici e letterari, Milano, Feltrinelli, 1997.
Bibliografia critica
A. Caronia, Inchiostro acquoso e storie confuse. Corpo e media in Dick, in Viviani-Pagetti 1989. A. Caronia-D. Gallo, Philip K. Dick. La macchina della paranoia, Milano, Book, 2006. L. De Feo, Philip K. Dick. Dal corpo al cosmo, Napoli, Cronopio, 2001. G. Di Costanzo, Appunti su Philip Kindred Dick, in La parola abitata, aprile 1990. - La paura del Signore è il principio della sapienza, in Ph. K. Dick, Le tre stimmate di Palmer Eldritch, Roma, Fanucci, 2003. A. Fattori, Di cose oscure e inquietanti, Napoli, Ipermedium libri, 1995. - Memorie dal futuro, Napoli, Ipermedium libri, 2001. C. Formenti, Incantati dalla rete, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2000. G. Frasca, La scimmia di Dio, Genova, Costa & Nolan, 1996. - L’oscuro scrutare di Philip K. Dick, Roma, Meltemi, 2007. C. Pagetti, Uomini e androidi, in Ph. K. Dick, Cacciatore di androidi, Milano, Editrice Nord, 1986, ora in Viviani-Pagetti 1989. - I procioni di Marte, in Ph. K. Dick, Noi marziani, Roma, Fanucci, 2002. Palmer Eldritch e le Barbie Dolls, in Ph. K. Dick, Le tre stimmate di Palmer Eldritch, cit. G. Viviani-C. Pagetti (a cura di), Philip K. Dick. Il sogno dei simulacri, Milano, Editrice Nord, 1989.
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