Aquile della notte e galline del quotidiano di Adolfo Fattori

 

 

E qui non posso più essere d’accordo. Perché significa liquidare troppo in breve tutta la ricerca e la pratica dei nuovi linguaggi della comunicazione, e quindi l’esperienza – prima di loro – delle avanguardie storiche, oltre che non riconoscere il valore di scrittori come Lehane, King, Ellroy, ma anche Dick – e, per estensione, fumetto, cinema, molta musica contemporanea.

Oltre alla ricerca e al lavoro di studiosi come Benjamin, Morin, Baudrillard, il nostro Abruzzese, che hanno ragionato proprio sui processi – culturali e non solo – che hanno accompagnato lo sviluppo del ‘900 e ne hanno interpretato e rappresentato lo spirito: il senso del conflitto, della trasformazione, del mutamento accelerato – e del disorientamento che ha prodotto, e di cui sono testimoni anche i linguaggi e le opere della cultura di massa.

Quando, inoltre, non è affatto detto che le vendite di un certo bene – i libri nel nostro caso – siano necessariamente un indice del loro consumo: la loro lettura.

Diciamo piuttosto che è vero che in precedenza si vendevano in proporzione più classici. Ma chi li comprava? Quale quota della popolazione? E gli altri?

Forse oggi il numero di lettori dei classici è invariato. Ma gli altri almeno leggono! Vengono in mente le parole di Umberto Eco, che sosteneva, a proposito della narrativa di massa, che piuttosto che non leggere proprio, è meglio leggere fumetti e polizieschi…

Il fatto è che – come succede spesso con una parte almeno degli intellettuali che Eco definì “apocalittici” – Scalfari fa l’errore di cercare di analizzare il tempo presente solo in base al passato, e alle sue caratteristiche, senza considerare come i fenomeni sociali siano intrecciati – e coerenti – fra loro. E proietta il rapporto che noi adulti abbiamo (e spesso subiamo) con il mondo della tarda modernità e i suoi aspetti con quello che intrattengono con esso le nuove generazioni. Mentre invece c’è bisogno di collocarsi al di fuori del sistema di cui si fa parte per poterlo osservare da fuori, e guardarlo nella sua totalità. Bisogna volare alto, come aquile.

L’esistenza – e la manutenzione, o la costruzione – di una identità europea riguarda prima di tutto le nuove generazioni, quelle che già vivono in una Europa in via di integrazione. Ma che contemporaneamente vivono le tensioni indotte dalla globalizzazione, fenomeno che investe linguaggi, merci, persone – culture, concezioni del mondo. E che vivono immersi, ormai dalla nascita, a differenza di molti di noi, in una sfera simbolica radicata nell’universo delle comunicazioni di massa. Che sono socializzati a questa. Che fanno esperienza del mondo e dei suoi significati a partire da questa.[16]

È quindi un problema in generale di formazione delle persone. Ma possiamo fare formazione senza usare linguaggi condivisi? Possiamo permetterci di liquidare i linguaggi dell’altro come … suoni e immagini che impattano sulla persona che le riceve attraverso sensazioni emotive senza trasformarsi in associazioni di idee e di pensieri? O dobbiamo fare i conti con i nuovi linguaggi, e nutrire – insieme ai “classici”, assolutamente – anche i prodotti della Modernità?[17]

Nelle scienze dell’educazione si usa spesso, per parlare di formazione, la metafora dell’avventura[18]. Quindi del viaggio, perché implica sempre un cambiamento. Ma per poter viaggiare ci si deve poter orientare. Guardare il mondo dall’alto, per avere un orizzonte il più ampio possibile. Ed è qui che funzionano i racconti di avventure e di viaggio – che implicano sempre anche un viaggio interiore – per definizione senza dimensioni, attraverso gli spazi e i tempi della propria esperienza e dei propri sogni.

 “Aquila della notte come le sue compagne vola alto, e ci fa viaggiare attraverso i mondi dell’avventura, che sono simbolicamente i mondi della  formazione, intesa come affettività, razionalità emotività. Le galline rimangono a svolazzare nel loro cortile.”


[16]   Cfr. A. Abruzzese, L’occhio di Joker, Carocci, Roma, 2006; M. D’Ambrosio (a cura di), Media Corpi Saperi Per un’estetica della formazione, Angeli, Milano, 2006.

[17]  E dell’attenzione che noi contemporanei dobbiamo a queste esperienze come evoluzione della produzione estetica e della definizione del mondo in cui viviamo. Cfr. almeno Balzola Monteverdi, Le arti multimediali digitali, Garzanti,      Milano, 2004, A. Amendola, Frammenti d’immagine, Liguori, Napoli, 2006. 

[18]  R. Massa (a cura di), Linee di fuga L’avventura nella formazione umana, La Nuova Italia, Scandicci, 1989.

 

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