Che mondo
sarebbe senza Nutella?
Fulvio Nardi, claim
della campagna
pubblicitaria
Ferrero
Se avesse potuto comunicare
così,
oggi che mondo sarebbe?
Spike
Lee, claim
della campagna
pubblicitaria Telecom
"Allora dimmi, ragazzo del futuro, chi è il Presidente degli Stati
Uniti nel 1985?". "Ronald Reagan". "Ronald Reagan???
L'attore ?? Hah!! E il vicepresidente chi è Jerry Lewis? Suppongo che Marilyn
Monroe sia
la First Lady e
John Wayne il Ministro della Guerra!".
Robert Zemeckis, Ritorno al futuro
… la vera avventura è poi quella interiore
… insomma, il proprio romanzo di formazione.
… D’altronde, che l’avventura richiami l’ordine
della conoscenza, dell’indagine e della scoperta,
della sperimentazione e della chiarificazione
intellettiva non può far dimenticare come in essa
siano specialmente in gioco le emozioni,
i sentimenti e gli affetti
profondi che presiedono
alla formazione umana in
generale.
Riccardo
Massa, Linee di fuga
La sorpresa del forum di Davos:
aumenta anziché
diminuire la resistenza al
cambiamento… Fare
ciò che serve per far decollare
l’economia della
conoscenza diventa più difficile.
Marco Panara,
Chi
prende parte all’economia della conoscenza
Uno dei film più significativi
della fine del secolo scorso per i temi che mette in scena è The Truman Show di Peter Weir.
La trama è nota, ma vale la pena di richiamarla rapidamente per focalizzare
meglio alcune delle sue implicazioni.
Truman è un giovanotto
tranquillo e realizzato, che vive in una città da sogno, dove tutti gli
vogliono bene, la vita scorre regolare, sempre uguale a se stessa.
Ma in questo ordine si
inserisce qualcosa che lo smuove: Truman, seppure (felicemente?) sposato, è
ancora innamorato di una ragazza conosciuta da giovane, e che è stata portata
via, e Truman segretamente fa piani e progetti per ritrovarla.
Mentre cerca di trovare
il modo per lasciare la città, cominciano ad accadere dei fatti che gli fanno
sospettare sempre più fortemente che qualcosa non vada per il verso giusto, fin
quando scopre di essere – a sua insaputa – fin dalla nascita il protagonista di
una soap opera vista in televisione
da tutto il pianeta, e che dura da trent’anni.
Alla fine, riuscirà a
fuggire dalla sua prigione dorata, e, presumiamo, a riunirsi alla sua bella.
Il film ha dato vita a
molte riflessioni. La prima lettura – direi la più banale – lo avvicina ai reality show come Il grande fratello che proprio in quegli anni cominciavano a essere
trasmessi, e dai più colti alle antiutopie come 1984 di George Orwell, che paventavano il controllo totale sui cittadini
da parte di un dittatore invisibile e onnipresente.
Ma, visto che nel caso
della pellicola di Weir il protagonista è unico – e inconsapevole del suo ruolo
e del suo destino – penso sinceramente che il punto importante sia un altro.
Truman è, prima di
tutto, una metafora dell’uomo della tarda modernità: vive letteralmente “sotto
una campana di vetro”, lontano dai conflitti e dai disagi, deresponsabilizzato
e innocente. Ed è sinceramente convinto che quello in cui vive sia il mondo
reale. Ed è in pratica il catalizzatore dei desideri di sicurezza e
tranquillità di tutti i suoi spettatori – che naturalmente si identificano in
lui. Truman non è controllato, Truman
è esibito, come un’icona sacra.
Truman è quindi una
rappresentazione dell’uomo della contemporaneità, deprivato – lui in un senso,
noi e i suoi fans televisivi in un
altro – della possibilità di spostarsi e cambiare vita.
Perché, come lui è
chiuso dentro una città simulata, e conduce una vita, ha relazioni sociali e
affettive, svolge un lavoro che sono frutti di una simulazione, così noi
tendiamo sempre più ad avere solo i media come strumenti e canali di
spostamento – virtuale – e di comunicazione – mediata.
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