MAPPE | QDAT 63 | 2016

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el 2006 il fenomeno Harry Potter viveva la sua età dell’oro, ma in Italia non erano ancora emerse voci in grado di analizzarlo con cognizione di causa. Mentre nel resto del mondo venivano dedicati a Harry Potter libri di filosofia e di sociologia, nel nostro paese la critica restava fredda. Quell’anno usciva sul mercato editoriale L’incantesimo Harry Potter di Marina Lenti, tra i primissimi saggi dedicati all’analisi critica della saga letteraria di J.K. Rowling e al franchise nato nel frattempo intorno alla saga, in seguito al suo sbarco sul grande schermo. Marina Lenti è stata a lungo redattrice di Fantasymagazine, la principale testata italiana dedicata a questo genere letterario, scrivendo oltre un migliaio di articoli sul tema, in particolare su Harry Potter. Ne sa così tanto che nel 2007 Alphatest – l’editore che pubblica i test dei concorsi pubblici e universitari – le ha commissionato un volume dal titolo Harry Potter a test, tradotto anche in francese. Da quel momento in avanti è stato un boom di saggi sull’argomento usciti sul mercato italiano, segnale di un autentico mutamento di paradigma, che ha trasformato Harry Potter in un vero e proprio fenomeno culturale. Marina Lenti ha continuato a studiarlo curando un volume collettaneo dal titolo Potterologia, edito da Camelozampa, con cui ha poi pubblicato nel 2012 il fondamentale La metafisica di Harry Potter, un viaggio “iniziatico” tra i topoi delle letteratura esoterica, magica e favolistica reinterpretati dalla Rowling nella sua saga. Massima esperta riconosciuta dell’opera della Rowling, a lei Marina Lenti dedicherà la sua prossima opera, un saggio biografico in uscita a settembre dal titolo JKR, l’incantatrice di babbani. Per capire allora quale direzione sta prendendo il fenomeno Harry Potter, Marina Lenti è la persona più adatta. Quindi, le abbiamo chiesto di descriverci lo stato delle cose.

 

A quasi dieci anni dalla fine della saga letteraria di J.K. Rowling, assistiamo a un autentico revival del fenomeno Harry Potter: l’uscita in libreria di un “ottavo capitolo”, sceneggiatura dello spettacolo teatrale Harry Potter and the Cursed Child, e tre nuovi ebook brevi in uscita a settembre sulla piattaforma “Pottermore”, sempre a firma della Rowling, che approfondiranno alcuni aspetti del mondo magico di Harry Potter. A ciò si aggiunge l’uscita nei cinema di Gli animali fantastici: dove trovarli. Come spiega questa sorta di “fase due”?
Si tratta di un’evoluzione del “brand”, da opera letteraria a vero proprio franchise?

Harry Potter era già un franchise, e di gran successo, anche senza tutto questo nuovo contorno. La mia impressione è che, per tenere fede alla dichiarazione di non scrivere più storie su Harry Potter, la Rowling si stia disperdendo in mille rivoli collaterali (a mio avviso anche piuttosto ridicoli, The Cursed Child ha la trama di una pessima fan fiction) che non soddisfano quella che è l’unica domanda del fandom: un ciclo di romanzi sui Malandrini e sulle vicende del Primo Ordine della Fenice. A mio modo di vedere, con questo atteggiamento sta solo rovinando il lavoro certosino fatto in precedenza, alienandosi molti appassionati.

 

A proposito di fan fiction, la saga di Harry Potter ne ha generate a bizzeffe, per rispondere proprio al desiderio del fandom di partecipare in qualche modo alla costruzione del mondo immaginato dalla Rowling. Qual è il suo parere su questo fenomeno?
Onestamente non le amo. Non amo proprio il genere fan fiction, non solo quelle su Harry Potter.  Non ho mai capito, e lo dico senza intento polemico ma semplicemente come osservazione personale, che gusto ci sia a creare una storia con ambientazioni e personaggi altrui quando è così bello inventarsene di propri. Oltretutto si tratta di storie non pubblicabili per ovvi motivi di diritto d’autore (e anche la pubblicazione su Internet è meramente tollerata per il semplice motivo che, a rincorrerle tutte, si spala il mare con la forchetta – e comunque vi sono autori che combattono anche quella, come Ann Rice). Quindi ne ho lette pochissime e non sono in grado di valutare il livello medio di ciò che c’è là fuori. So solo che ne esistono tantissime a sfondo erotico etero e omosessuale, a volte veramente hard, che per ovvi motivi di immagine connessa al target, sono le uniche apertamente osteggiate da Warner e dalla Rowling.

 

La pièce teatrale Harry Potter and the Cursed Child ha debuttato al Palace Theatre di Londra il 30 luglio scorso.

 

Anni fa, il creatore della saga cinematografici di Star Wars, George Lucas, giurava che non ci sarebbero stati nuovi film dopo l’Episodio III. Poi nel 2012 ha ceduto tutti i diritti di Star Wars alla Disney, che come sappiamo ha rilanciato in grande stile il franchise. Dobbiamo aspettarci qualcosa del genere anche con Harry Potter? Le grandi major cinematografiche spingeranno la Rowling a vendere i diritti della saga per produrre nuovo materiale?
Ignoro gran parte dei termini contrattuali fra Warner e la Rowling, ma una cosa certa è che l’atteggiamento di quest’ultima è sempre stato di gran controllo sulle sorti della sua creatura, quindi dubito che possa essersi messa nella condizione legale di essere spinta a fare alcunché contro la propria volontà. Certo la Warner, per quanto le è dato di agire, cercherà di sfruttare sempre il più possibile ciò che ha in mano, prova ne sia il recentissimo accordo con la NBC Universal che si è aggiudicata, per 154 milioni di sterline, i diritti relativi alla trasmissione, sulle proprie reti a pagamento, dei primi otto film della saga originaria e dei prossimi tre degli Animali Fantastici, oltre ai diritti per ospitare, nei propri parchi eventi tematici, attività promozionali e proiezioni legate a entrambe le serie.

 

Il suo nuovo libro JKR. L’incantatrice di babbani è un saggio biografico “non ufficiale” di J.K. Rowling. Quali aspetti della carriera dell’autrice ha scelto di approfondire maggiormente? E quali sono, secondo lei, le vicende biografiche che più hanno influenzato la Rowling nella creazione della saga di Harry Potter?
Il taglio che ho cercato di imprimergli è quello di dare conto, ogni volta che è stato possibile, dei numerosi riflessi che le vicende biografiche della scrittrice hanno donato o possono aver contribuito a donare alla saga di Harry Potter.  Laddove la corrispondenza fra vita vissuta e testo non è così diretta, ho dato conto delle ipotesi di altri studiosi, sottolineando però che si tratta, appunto, di mere teorie che vanno tenute distinte dalle influenze suffragate da prove certe. Ho eliminato, invece, tutte le deduzioni implicite, comprese ricostruzioni anche plausibili, perché basate sugli usi dell’epoca in cui sono collocate, che descrivono come devono essersi svolte certe scene e abitudini familiari. Un tratto interpolativo in cui indulgono spesso, a mio avviso a torto, anche le biografie rowlinghiane più accurate. Quanto agli eventi significativi, individuerei come fondamentale quello della perdita prematura della madre. Ma gli episodi sono tanti e, mettendoli in fila come ho fatto nel libro, emerge la curiosa sensazione che alla fine gran parte dei primi trent’anni di vita della Rowling siano stati estremamente funzionali alla creazione di quella meravigliosa opera che è l’eptalogia potteriana.

 

 

A differenza della maggior parte dei mondi fantastici che costituiscono l’ambientazione delle saghe fantasy – per adulti come per ragazzi – il mondo magico di Harry Potter coesiste con il nostro: maghi e “babbani” entrano in contatto con una certa frequenza, sancendo una sorta di irruzione dell’irrazionale nella nostra quotidianità. Si tratta di un elemento peculiare della saga creata da J.K. Rowling, che può spiegare la sua caratteristica di “favola moderna”?
Non credo, anche perché l’elemento urban fantasy è presente anche in altre opere che pure non hanno avuto lo stesso successo. Io penso che, oltre alla presenza di una serie di temi quasi “subliminali”, la modernità di Harry Potter sia data dal fatto di trattare temi universali e sempre attuali, perché riguardando la situazione umana e il suo rapporto con il mondo, trascendono le epoche. Non a caso l’Amore, la Morte, l’Amicizia, il Sacrificio, il concetto di Bene e Male e quello di Libero Arbitrio e Predestinazione, sono aspetti affrontati da filosofia e religioni fin dalla notte dei tempi.

 

Ha accennato a temi “subliminali”, di cui ha trattato in dettaglio nel suo libro La metafisica di Harry Potter, evidenziando in particolare la notevole presenza nella saga di elementi alchemici, dalla pietra filosofale del primo romanzo ai “doni della morte” che Harry deve cercare e distruggere nell’ultimo libro. Che ruolo hanno questi archetipi all’interno della saga?
Sono elementi reconditi che contribuiscono a fare ancora più presa sul lettore, perché inconsciamente parlano ai suoi valori, alle sue convinzioni, alle sue conoscenze istintive. E si riverberano, amplificandoli, in quei grandi temi universali di cui ho appena parlato sopra. Per limitarsi a un solo esempio, prendiamo il caso del Patronus. Il concetto di Guardiano di Luce riporta immediatamente, nella cultura occidentale, all’idea dell’angelo custode; in altri ambiti, riferendosi specificamente a guardiani dalle sembianze animali, al concetto di protezione nel totemismo degli Indiani d’America o a quello della guida spirituale secondo lo sciamanesimo: fin dall’infanzia, infatti, gli uomini sarebbero accompagnati da animali di potere, spiriti guida il cui allontanamento (dettato dal fatto che l’uomo non ne usava il potere o si era dimenticato di lui) può provocare malattie e morte. Per ristabilire la salute, lo sciamano dovrà allora viaggiare in una dimensione metafisica, mediante uno stato di trance indotto con la danza e il ritmo di un tamburo, per ritrovare l’animale (lo stesso che si è allontanato o un altro disposto a soppiantarlo) in grado di soccorrere il malato. 

 

Molte di queste sfumature della saga letteraria sono andate inevitabilmente perse nella trasposizione cinematografica, che d’altro canto ha avuto invece il merito di costruire tutto un immaginario visivo in grado di rendere reale il mondo inventato dalla Rowling. Quali sono gli aspetti più convincenti dei film della saga e quali invece i punti deboli? Tra i diversi registi che si sono succeduti dietro la cinepresa, chi è stato più in grado di valorizzare l’opera della Rowling?
Beh, qui credo vada senz’altro a gusti. Per quanto mi riguarda, pur essendo conscia che il mezzo visivo ha giocoforza linguaggi e modelli di espressione diversi rispetto alla parola scritta, io prediligo i primi due film diretti da Chris Columbus, per via dell’aderenza al testo.  Non mi riferisco solo alla trama, ma a tutta la coerenza interna del mondo di Harry Potter fin negli aspetti più minuti. Senza contare che è stato l’unico a confezionare i setting quanto più realisticamente possibile, girando spesso in luoghi reali, anche se adattati alle circostanze magiche dallo scenografo, mentre i suoi successori, anche per questioni di budget, hanno largamente sfruttato ricostruzioni in studio ed effettistica computerizzata. Il terzo film, diretto da Alfonso Cuarón, è senz’altro il più artistico dal punto di vista cinematografico, ma credo che alcune congruenze siano state sacrificate alla spettacolarizzazione. In più, si tratta di un film che ha parecchi buchi logici nella sceneggiatura, talché è facile che alcuni passaggi sfuggano a chi non ha letto i romanzi. Il quarto, diretto da Mike Newell, è stato trasformato in un film di batticuori adolescenziali e intermezzi da commedia rosa (in una trama che fra l’altro, dovrebbe invece diventare sempre più tragica) dove trama e scenografia diventano mero contorno. Per quanto concerne il resto dei film, per la disastrosa regia di David Yates, la congruenza è stata sacrificata ogni volta che era possibile spettacolarizzare, col risultato di avere scene aggiuntive inutili e spesso insulse, e scene determinati che invece mancano all’appello.

 

 

Nel 2012, dopo una serie di ritardi e una spasmodica attesa da parte dei fan, veniva lanciata la piattaforma “Pottermore”, che doveva traghettare la saga di Harry Potter nell’era social, sviluppando un progetto a metà strada tra un social network e un gioco di ruolo. Questa idea di “realtà aumentata” è andata incontro a un sonoro fallimento, e ora “Pottermore” è principalmente una sorta di enciclopedia tradizionale con contenuti inediti prodotti dalla stessa Rowling. Cos’è andato storto? Possibile che Harry Potter non sia in grado di adeguarsi al mondo digitale?
Non so cosa non abbia funzionato e non so se lo sappia neanche chi ha seguito il progetto o la stessa Rowling. Ricordo che, quando venne annunciato mi sembrò una grande possibilità di innovazione nel settore dell’editoria, a cui dedicai addirittura un piccolo studio proiettivo confluito in un capitolo aggiuntivo dell’ebook de L’Incantesimo Harry Potter. Sicuramente i numerosi bug tecnici, che non di rado hanno posto offline il sito durante i primi tempi, non hanno aiutato. Forse si è trattato di un’idea troppo articolata per la tecnologia di allora e sicuramente è stato privilegiato troppo l’aspetto ludico rispetto a quello enciclopedico. Ma resta assai difficile dire cosa sia andato effettivamente storto. Quando lo guardo, mi viene in mente una ricetta in cui, sul tavolo di preparazione, tutti gli ingredienti appaiono di buona qualità ma poi, una volta mescolati, confluiscono in un piatto dal sapore deludente.

 

Quando uscì Harry Potter e la pieta filosofale, nel 1997, il target del romanzo era quello dei giovanissimi lettori, tra i 9 e i 12 anni. Un’analisi realizzata nel 2009 all’uscita del film tratto dal sesto capitolo rivelava che la metà degli spettatori era costituita dalla fascia 18-30 anni: si trattava, evidentemente, degli stessi lettori cresciuti nel frattempo. Sono le stesse persone che accorreranno nelle librerie ad acquistare il cosiddetto “ottavo capitolo” della saga? O nel frattempo è nata una nuova generazione Harry Potter, attraverso la quale la saga è destinata a trasformarsi in un classico senza tempo della letteratura per ragazzi?
In realtà già dalla Pietra Filosofale il pubblico è stato composto anche da adulti, circostanza che ha sorpreso lo stesso editore. E questo è un fenomeno che è andato crescendo nel tempo. Poi senz’altro c’è anche la generazione cresciuta con Harry Potter, ma, appunto, non solo quella, conosco appassionati dai 40 ai 70 anni. Io stessa ero più che adulta quando l’ho letta. Quello che invece è mancato è un ricambio fra la generazione cresciuta a “pane e Potter” e quella immediatamente successiva. Certamente anche tanti ragazzi venuti dopo hanno letto la saga, ma a quel punto non era più il fenomeno che teneva banco totale fra i ragazzi, come ha fatto fino alla metà degli Anni Duemila. Io credo che il ricambio si avrà fra pochissimi anni, adesso che la “generazione Potter” sta arrivando ad avere figli propri, ai quali senz’altro trasmetterà la propria passione. Quanto all’essere un classico, io ritengo che lo sia già abbondantemente diventato da tempo poiché, accanto a una trama accattivante, uno scenario ricchissimo di fantasia, una sapiente caratterizzazione dei personaggi, vanta diversi livelli di lettura e, come ho già detto prima, la capacità di affrontare grandi temi universali che riguardano la condizione dell’Uomo.