Di che cosa parliamo, quando parliamo di fantascienza


… Per affrontare assieme a me

 il  luogo più ignoto di tutti (…) Il futuro.

Siate cauto con il futuro (…) in quanto esso è,

per definizione, ignoto.


Alan D. Altieri, Magdeburg La furia

 

La fantascienza è racconto di altri tempi e per una rivista concepita dall'amore per il genere chiamarsi Quaderni D'Altri Tempi è stato facile, pur sapendo di rischiare una lettura diversa, di apparire come un'operazione nostalgica e poco più. Le cose stanno diversamente a iniziare da quel Quaderni che esplicitamente nell'editoriale del primo numero rivendicava legami parentali con ben più autorevoli esperienze, mirando a inserirsi in un preciso filone critico dell'esistente, piuttosto malandato di questi tempi. Qui, sì, una vena di nostalgia affiora, ma non è certo per il genere letterario conosciuto in Italia come fantascienza.

Ripetere questi precedenti giova: Quaderni rossi, Quaderni Piacentini e, indietro nel tempo, Quaderni dal carcere. Occorreva, però, sottolineare anche un legame con la fantascienza, non poteva essere altrimenti per una rivista che è anche una rivista di fantascienza e di seguito spiegheremo perché. Ora, che il tempo sia il futuro possibile, o un presente parallelo, oppure un'altalena tra i tempi, o ancora un futuro parallelo, la fantascienza è essenzialmente cronaca di altri tempi. Da qui discende la plausibilità dell'esistenza di tecnologie diverse e di differenti organizzazioni del sociale.

Inoltre, grazie a questi presupposti si rende possibile incontrare altre razze dell'universo, o ricevere loro visite più o meno ostili. Non è tutto. Altri tempi sono poi sorti rispetto a quella ampia fetta del Novecento che ha visto progressivamente prima maturare la fantascienza letteraria, poi trovare nuovi mezzi espressivi, dal fumetto al telefilm, dal cinema alla musica e infine i videogame. Oggi, ovvero da circa venticinque anni almeno, siamo entrati nel tempo della sovraesposizione della fantascienza nella realtà (nelle foto inserite in queste pagine è possibile intravedere questa sovraesposizione, dall'arte rottamata dei Mutoids al reattore di Chernobyl, dal corpo/Avatar all'endoscopia elettronica, dalla videoarte di Nam June Paik, allo spot Transformers/Citroen).

Per tutto il Novecento il passaggio al III millennio è stato sinonimo di ingresso definitivo nel futuro. Un tempo, a seconda delle inclinazioni di chi si pronunciava - sociologi, moralisti, scienziati, romanzieri, giornalisti - poteva evocare l’immagine di una apocalissi permanente, o, al contrario, di una società umana finalmente pacificata, serena, libera, egualitaria. Guardando al superamento della boa del Duemila - e al “futuro” che concretamente abbiamo sotto gli occhi - cosa vediamo, invece?

Le previsioni della letteratura - di fantascienza prima di tutto - e delle scienze, dalla futurologia alla sociologia, sono state rispettate, o la realtà ha fatto lo sgambetto all’immaginazione narrativa e scientifica?

Affermativo, in entrambi i casi. Le attese sono state rispettate, ma inventando forme che integrano elementi immaginari e concrete tecnologie. Accade quanto scriveva Roger Zelazny: “Se un uomo potesse avere i poteri degli dei, la sua natura umana lo spingerebbe a comportarsi come dice la leggenda”. In questo senso, il mondo che ci circonda è anche un mondo da fantascienza e, volendo osservare criticamente questo mondo, Quaderni D'Altri Tempi non può non essere anche una rivista di fantascienza.

Gli universi del consumo, dell'informazione, dell'intrattenimento, del lavoro e, über alles, quello militare sono intrisi dei sogni, dei timori e delle ambizioni che furono di pertinenza dell'immaginario tecnologico. A ben vedere, poi, è proprio questa sostanza comune che rende possibile le contaminazioni tra ambiti originariamente differenti. Inoltre, buona parte delle opere di genere fantascientifico può oggi essere osservata come una collezione di reperti museali, ma anche qui, a ben vedere, la fantascienza dimostra un’aderenza a quel reale che ha contribuito a formare. Bisogna essere ciechi per non vedere come tutto oggi è dato subito in archivio.

 

 

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