Di
che cosa parliamo, quando parliamo di fantascienza |
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il
luogo più ignoto di tutti (…) Il futuro. Siate cauto con il futuro (…) in quanto esso è, per definizione, ignoto.
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La fantascienza è racconto di altri tempi e per una
rivista concepita dall'amore per il genere chiamarsi Quaderni D'Altri Tempi è
stato facile, pur sapendo di rischiare una lettura diversa, di apparire come
un'operazione nostalgica e poco più. Le cose stanno diversamente a iniziare da
quel Quaderni che esplicitamente nell'editoriale del primo numero rivendicava
legami parentali con ben più autorevoli esperienze, mirando a inserirsi in un
preciso filone critico dell'esistente, piuttosto malandato di questi tempi. Qui,
sì, una vena di nostalgia affiora, ma non è certo per il genere letterario
conosciuto in Italia come fantascienza. Ripetere questi precedenti giova: Quaderni rossi, Quaderni
Piacentini e, indietro nel tempo, Quaderni dal carcere. Occorreva, però,
sottolineare anche un legame con la fantascienza, non poteva essere altrimenti
per una rivista che è anche una rivista di fantascienza e di seguito
spiegheremo perché. Ora, che il tempo sia il futuro possibile, o un presente
parallelo, oppure un'altalena tra i tempi, o ancora un futuro parallelo, la
fantascienza è essenzialmente cronaca di altri tempi. Da qui discende la
plausibilità dell'esistenza di tecnologie diverse e di differenti
organizzazioni del sociale. Inoltre, grazie a questi presupposti si rende possibile
incontrare altre razze dell'universo, o ricevere loro visite più o meno ostili.
Non è tutto. Altri tempi sono poi sorti rispetto a quella ampia fetta del
Novecento che ha visto progressivamente prima maturare la fantascienza
letteraria, poi trovare nuovi mezzi espressivi, dal fumetto al telefilm, dal
cinema alla musica e infine i videogame. Oggi, ovvero da circa venticinque anni
almeno, siamo entrati nel tempo della sovraesposizione della fantascienza nella
realtà (nelle foto inserite in queste pagine è
possibile intravedere questa sovraesposizione, dall'arte rottamata dei Mutoids
al reattore di Chernobyl, dal corpo/Avatar all'endoscopia elettronica, dalla
videoarte di Nam June Paik, allo spot Transformers/Citroen). Per tutto il Novecento il passaggio al III millennio è
stato sinonimo di ingresso definitivo nel futuro. Un tempo, a seconda delle
inclinazioni di chi si pronunciava - sociologi, moralisti, scienziati,
romanzieri, giornalisti - poteva evocare l’immagine di una apocalissi
permanente, o, al contrario, di una società umana finalmente pacificata,
serena, libera, egualitaria. Guardando al superamento della boa del Duemila - e
al “futuro” che concretamente abbiamo sotto gli occhi - cosa vediamo, invece? Le previsioni della letteratura - di fantascienza prima di
tutto - e delle scienze, dalla futurologia alla sociologia, sono state
rispettate, o la realtà ha fatto lo sgambetto all’immaginazione narrativa e
scientifica? Affermativo, in entrambi i casi. Le attese sono state
rispettate, ma inventando forme che integrano elementi immaginari e concrete
tecnologie. Accade quanto scriveva Roger Zelazny: “Se un uomo potesse avere i
poteri degli dei, la sua natura umana lo spingerebbe a comportarsi come dice la
leggenda”. In questo senso, il mondo che ci circonda è anche un mondo da
fantascienza e, volendo osservare criticamente questo mondo, Quaderni D'Altri
Tempi non può non essere anche una rivista di fantascienza. Gli universi del consumo, dell'informazione,
dell'intrattenimento, del lavoro e, über alles, quello militare sono intrisi
dei sogni, dei timori e delle ambizioni che furono di pertinenza
dell'immaginario tecnologico. A ben vedere, poi, è proprio questa sostanza
comune che rende possibile le contaminazioni tra ambiti originariamente
differenti. Inoltre, buona parte delle opere di genere fantascientifico può
oggi essere osservata come una collezione di reperti museali, ma anche qui, a
ben vedere, la fantascienza dimostra un’aderenza a quel reale che ha
contribuito a formare. Bisogna essere ciechi per non vedere come tutto oggi è
dato subito in archivio.
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