Nome e pronome: Edgar Allan

 

di Lamberto Pastore



Charles Baudelaire fu il responsabile primo di quella straordinaria ammirazione che l'Europa decadente tributò a Edgar Allan Poe. Narratore, critico, ma innanzitutto poeta: perché è dalla poesia che Poe ebbe in vita gloria e fama mondana, con l'uscita de Il Corvo, perché fu per amore della poesia che per tutta la vita, scrisse e pubblicò, anche e a proprie spese, raccolte di poesie e poemetti, in quanto il poetare fu per lui non un proposito, ma una passione. E del resto, il poetare ed il raccontare in Poe si influenzano reciprocamente: poesie, infatti, sono inserite in molti racconti. Ma è da quest’ultimi che lo scrittore americano ha ottenuto la gloria eterna e per loro lo si iniziò a conoscere, apprezzare e studiare, soprattutto in Europa.

Racconti di immaginazione e di mistero: un'immaginazione vivida e macabra che affascina e respinge: leggiamo e vorremmo che il racconto non finisse mai; un mistero che immerge il lettore in un'atmosfera cupa e angosciosa. Eppure, il dispiegarsi dell'arco narrativo è semplicissimo. Un inizio tranquillizzante, come di una vicenda ordinaria. Poi, con l'incalzare della storia, ecco aumentare l'emozione che viene sommersa dal travolgente incedere dei fatti. Ora è l'inconscio che scende in campo per unirsi all'apparente realtà, fino ad esserne fagocitato. E scatta, a questo punto, il coinvolgimento totale del lettore, attraverso la particolare narrazione in prima persona, fino alla completa identificazione con Poe stesso. Siamo noi i protagonisti delle storie. È sconvolgente e fantastico insieme essere alle prese con il fantasma della propria consorte, con un mare che sprofonda o con una casa vivente. È questa la grande magia di Poe. Certo, la maestria dello scrittore è grande e la sua arte di narratore è ineguagliabile, ma quella “sospensione della incredulità” non potrebbe esistere se il grande scrittore non fosse convinto di ciò che raccontava: perché parlava di se stesso, del tormento della sua anima, della sua vita senza radici, della morte e la miseria che sempre gli tennero compagnia. Fin da piccolo.

Nato il 19 gennaio 1809, a Boston, Edgar Allan Poe era figlio di David Poe ed Elisabeth Arnold. Il padre, di famig1ia benestante, per seguire la Arnold, attrice teatrale di talento, di cui si era innamorato  abbandona gli studi di legge e comincia una misera carriera di guitto. I due ebbero tre figli: William Henry, Edgar e Rosalie. Quando Edgar aveva pochi mesi, e l'ultima non era ancora nata, il padre, già minato dalla tisi, abbandonò la famiglia per morire poco tempo dopo. La moglie, anch'essa malata di tubercolosi, morì a Richinond, quando Edgar aveva solo due anni. I biografi ricordano che il piccolo assisté con terrore alla emottisi che condusse la madre alla morte.

Figlio quindi di attori girovaghi, tisici, alcolizzati, Edgar comincia a vedere, parlare e camminare sui traballanti carrozzoni delle troupes teatrali. Impara presto la fatica di vivere: realtà ed illusioni sono certamente per lui ai limiti del sogno.

Spentasi la madre - primo passo verso una terribile familiarità con la Morte - i piccoli Poe sono abbandonati alla carità della borghesia di Richmond.

Di Edgar si incarica Frances Kelling Valentie, moglie del ricco commerciante scozzese John Allan. Frances amò Edgar come un figlio: forse ne guastò il carattere con la sua eccessiva indulgenza. Il ragazzo non fu mai legalmente adottato; ma da 1824 aggiungerà al proprio nome il pronome Allan.

Nel 1815, all'indomani della sconfitta di Napoleone, l'Allan, decide di trasferirsi in Inghilterra per dare nuovo impulso al suo commercio. A Londra, Edgar frequentò prima una scuola, diretta dal dottor John Bransby, la "Manor House School, che egli descrisse nel racconto: William Wilson. Ma gli affari non andarono come sperato e gli Allan tornarono a Richmond: era il 1820. Edgar ha imparato un poco dì francese, latino, storia e letteratura. Non è molto, ma in compenso, la sua fervida fantasia è rimasta colpita da i vecchi borghi misteriosi, dalle case decrepite, dalle umide cantine e dai corridoi oscuri, dove lui sente presenze ultraterrene. Ed è a queste su esperienze di bambino eccitabile e pauroso che bisogna rifarsi per capire pienamente alcune componenti della sua opera: il gusto del macabro, del misterioso, l'ambientazione gotica dei suoi racconti.

 

 

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