Mens sana? in corpore sano?
di
Gennaro Fucile

 


Vale l’intero e la parte, concetti che si negano o che si affermano a vicenda, tutto e il contrario di tutto. Accade, forse, perché il tempo è collassato e il corpo manifesta questa implosione. Trend contro trend, carne, salute ed estetica discorrono in un gioco di permutazioni.

Ipotesi: dietro questa attenzione incessante, tesa a glorificare bellezza e benessere, si cela un profondo disprezzo per il corpo. Nel corpo vivono due anime, una lo esalta, l’altra cerca di oltrepassarlo. Da un lato la mente che si nutre di un flusso ormai torrenziale di informazioni, evidenziando il limite della prigione corporea. “Il corpo è obsoleto”, ha sentenziato il performer Stelarc, in piena armonia con quanto si propongono gli scienziati dell’Intelligenza Artificiale e della Vita Artificiale. Basti, a campione, una riflessione di Hans Moravec, direttore e cofondatore del Mobile Robot Laboratory della Carnegie-Mellon University, il più grande centro mondiale di ricerca in robotica: “Alla fine la coscienza stessa potrà estinguersi in una umanità diventata completamente eterea, che avrà perso il suo organismo materiale, che sarà diventata una massa di atomi comunicanti nello spazio per irradiazione e che in definitiva si risolverà in luce”[1]. Dall’altro il corpo che si nutre di cibo sempre più hi-tech, tecnologicamente sofisticato proprio quando si propone come naturale.

Il corpo in realtà non si è mai liberato dell’anatema di René Descartes, che lo condannava alla condizione di res extensa, contrapposta alla res cogitans: il soggetto pensante, unica, autentica espressione dell’umano.

L’opposizione mente/corpo è teatralizzata splendidamente nel ruolo interpretato sulla scena sadomaso da chi si sottomette: la sua mente si delizia osservando la sofferenza e l’umiliazione del proprio corpo. Per godere fino in fondo, la res cogitans assume il ruolo di spettatore in prima fila, osservatore privilegiato di quanto accade alla carne penalizzata. Quanto è attuale Descartes!

Dalle fruste alle politiche di marca. Thom Braun, esperto di branding, direttore della Global Marketing Academy della multinazionale Unilever e sacerdote della Chiesa Anglicana, ha osato parlar chiaro, riscrivendo la storia della filosofia a uso e consumo del brand management, abusando della storia e del pensiero umano. Il revisionismo storico impallidisce di fronte a tanta audacia: tutto è sempre stato pensato in termini di brand e branding. Centrale, in questa rilettura dell’evoluzione del pensiero umano, è proprio Descartes, che l’autore omaggia parafrasando a mo’ di claim l’affermazione più celebre del filosofo francese, intitolando il libro: Cogito ergo brand[2]. Non tanto curiosa, invece, la circostanza che la pratica più estrema del sesso estremo sia il branding, il marchiare a fuoco il partner.

L’annullamento dell’entità corporea nella rete è il macrofenomeno che enfatizza questo disprezzo. Ha origini antiche ed Erik Davis in Techgnosis[3] lo imputa giudiziosamente alla gnosi, trasmigrata nel tempo dallo stadio alchemico a quello virtuale, passando per lo sfondamento chimico delle porte della percezione.

Gli scienziati dell’intelligenza artificiale si dicono certi di poter liberare il pensiero dalla “prigione del corpo”, secondo l’espressione di Descartes (Moravec non è un caso isolato), ponendo così le fondamenta di una elitaria società postumana. Delirio di onnipotenza sorretto da un potere autentico. Nel frattempo ci si accontenta di uno o più avatar.



[1] Hans Moravec, Robot: Mere Machine to Transcendent Mind, New York, Oxford University Press, 1999

[2] Thom Braun, Cogito ergo Brand, Milano, Etas, 2005

[3] Erik Davis, Techgnosis, Napoli, Ipermedium, 2001

 

    [1] (2) [3] [4]