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Vale l’intero e la parte,
concetti che si negano o che si affermano a vicenda, tutto e il contrario di
tutto. Accade, forse, perché il tempo è collassato e il corpo manifesta questa
implosione. Trend contro trend, carne, salute ed estetica discorrono in un
gioco di permutazioni. Ipotesi: dietro questa
attenzione incessante, tesa a glorificare bellezza e benessere, si cela un
profondo disprezzo per il corpo. Nel corpo vivono due anime, una lo esalta,
l’altra cerca di oltrepassarlo. Da un lato la mente che si nutre di un flusso
ormai torrenziale di informazioni, evidenziando il limite della prigione
corporea. “Il corpo è obsoleto”, ha sentenziato il performer Stelarc, in
piena armonia con quanto si propongono gli scienziati dell’Intelligenza
Artificiale e della Vita Artificiale. Basti, a campione, una riflessione di Hans Moravec, direttore e cofondatore
del Mobile Robot Laboratory della Carnegie-Mellon University, il più grande
centro mondiale di ricerca in robotica: “Alla fine la coscienza stessa potrà
estinguersi in una umanità diventata completamente eterea, che avrà perso il
suo organismo materiale, che sarà diventata una massa di atomi comunicanti
nello spazio per irradiazione e che in definitiva si risolverà in luce”[1].
Dall’altro il corpo che si nutre di cibo sempre più hi-tech, tecnologicamente sofisticato proprio quando si propone
come naturale. Il corpo in realtà non si è mai
liberato dell’anatema di René Descartes,
che lo condannava alla condizione di res
extensa, contrapposta alla res
cogitans: il soggetto pensante, unica, autentica espressione dell’umano. L’opposizione mente/corpo è
teatralizzata splendidamente nel ruolo interpretato sulla scena sadomaso da chi
si sottomette: la sua mente si delizia osservando la sofferenza e l’umiliazione
del proprio corpo. Per godere fino in fondo, la res cogitans assume il ruolo di spettatore in prima fila,
osservatore privilegiato di quanto accade alla carne penalizzata. Quanto è
attuale Descartes! Dalle fruste alle
politiche di marca. Thom Braun, esperto di branding,
direttore della Global Marketing Academy della multinazionale Unilever e sacerdote della Chiesa
Anglicana, ha osato parlar chiaro, riscrivendo la storia della
filosofia a uso e consumo del brand management,
abusando della storia e del pensiero umano. Il revisionismo storico
impallidisce di fronte a tanta audacia: tutto è sempre stato pensato in termini
di brand e branding. Centrale, in questa rilettura dell’evoluzione del
pensiero umano, è proprio Descartes, che l’autore omaggia parafrasando a mo’ di
claim l’affermazione più celebre del
filosofo francese, intitolando il libro: Cogito
ergo brand[2].
Non tanto curiosa, invece, la circostanza che la pratica più estrema del sesso
estremo sia il branding, il marchiare
a fuoco il partner. L’annullamento dell’entità
corporea nella rete è il macrofenomeno che enfatizza questo disprezzo. Ha
origini antiche ed Erik Davis in Techgnosis[3]
lo imputa giudiziosamente alla gnosi,
trasmigrata nel tempo dallo stadio alchemico a quello virtuale, passando per lo
sfondamento chimico delle porte della percezione. Gli scienziati dell’intelligenza
artificiale si dicono certi di poter liberare il pensiero dalla “prigione del
corpo”, secondo l’espressione di Descartes (Moravec non è un caso isolato),
ponendo così le fondamenta di una elitaria società postumana. Delirio di
onnipotenza sorretto da un potere autentico. Nel frattempo ci si accontenta di
uno o più avatar.
[1] Hans Moravec, Robot: Mere Machine to Transcendent Mind, New York, Oxford
University Press, 1999 [2] Thom Braun, Cogito ergo Brand, Milano, Etas, 2005 [3] Erik Davis, Techgnosis, Napoli, Ipermedium, 2001
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