L’arcipelago dei dannati

 

di Adolfo Fattori

 

“Non bere succhiando: questa è la Legge.
Non siamo forse uomini?
“Non mangiare carne né pesce:
questa è la Legge.
Non siamo forse uomini?

H. G. Wells, L’isola del Dr. Moreau

 

Ho lavorato penosamente, giorni e giorni,
per fabbricare una trappola; quando la feci
funzionare fui in grado di mangiare uccelli
sanguinanti e dolci. Ho seguito la tradizione
dei solitari: ho mangiato anche radici.

A. Bioy Casares, L’invenzione di Morel

 

E così, mentre l'imbattibile fatina si concede un bagno rigenerante, i suoi compagni si preoccupano di preparare la colazione, proponendo al gruppo una nuova versione di cocco: il cocco cotto. Non tutti però sembrano gradire la creatività dello chef: Perché avete cotto il cocco? – chiede infatti in tono severo la David. Era presto… – risponde con flebile voce la fatina –  dormivate e abbiamo pensato…

RAI DUE, L’isola dei famosi

Il risultato è che l'uomo (il lavoratore) si sente libero ormai soltanto nelle sue funzioni bestiali, nel mangiare, nel bere e nel generare, tutt'al più nell'avere una casa, nella sua cura corporale ecc., e che nelle funzioni umane si sente solo piú una bestia. Il bestiale diventa l'umano e l'umano il bestiale. [1]

K. Marx, Manoscritti economico-filosofici

“Ci rinuncio” disse. “Arrivo dall’anno 1954 con la mia camera temporale. Ho con me un po’ di… cibo… in caso ne avessi bisogno   (…) “È possibile che la parola… cibo… sia diventata oscena?

R. Matheson, C…



1896.
Herbert George Wells pubblica, un anno dopo La Macchina del tempo, e un anno prima di L’uomo invisibile, L’isola del Dr. Moreau, cupo romanzo che mette in scena, nel classico format del manoscritto ritrovato, la vicenda di uno scienziato completamente matto, che – nel delirante tentativo di trasformare corpi di animali in corpi umani vivisezionandoli e cucendone insieme le membra – viene finalmente ucciso dai frutti dei suoi stessi esperimenti.

1941. Adolfo Bioy Casares, il fraterno compagno di viaggi nell’immaginario di Jorge Luis Borges, dà alle stampe L’invenzione di Morel, altro romanzo fantastico ambientato su un’isola fuori dalle rotte e incorniciata con l’artificio del diario scritto dal protagonista. Anche qui, al centro della vicenda, uno studioso visionario, che è riuscito a costruire una macchina che sfrutta la forza delle maree per produrre l’immortalità. Una immortalità apparente, perché catturando l’immagine, il movimento e la voce di colui o colei che inquadra – i loro corpi, insomma – gli succhia  anche l’anima, quindi la vita.[2]

2003. RAI DUE, il “secondo canale” della TV pubblica italiana, lancia L’isola dei famosi, un nuovo esempio delle variazioni sul tema del Grande Fratello, ambientato su un’isola caraibica, Hispaniola, la Repubblica Dominicana: due gruppi di persone, maschi e femmine, si affrontano in una gara di sopravvivenza soft, attraverso prove da Giochi senza frontiere o “giochi celtici”, ma principalmente, sperimentando una convivenza forzata e scomoda (almeno da quanto appare). Gli “sportivi” che si mettono in gioco in questa tenzone sono vecchi e nuovi personaggi del mondo dello spettacolo, ognuno con il suo carico di ore/Tv sulle spalle: corpi invecchiati, o rinnovati, o tenuti insieme con le moderne tecnologie dell’estetica e del fitness, comunque ricoperti delle cicatrici di tante battaglie vissute sui palcoscenici, nei teatri, sui set cinematografici, negli studi di posa dei fotografi.

Tutti e tre questi oggetti sono prodotti dell’immaginario, appartenenti a epoche e contesti diversi. Con vistose differenze, ma con altrettanto significative parentele.

Intanto, lo scenario dell’isola. Un luogo dell’immaginario per eccellenza, dato il suo essere un luogo del limite, dei limiti, dell’isolamento e dell’esotico, dell’inquietante e dell’Unheimlich che, per quanto i suoi abitanti possano sforzarsi, non riesce mai, paradossalmente, nonostante la sua finitezza, ad essere del tutto familiare.

Va bene come rifugio, ma anche come prigione, come trappola. È spesso, nei fatti, un luogo anche fuori del tempo, dotato di una sua fauna, una sua flora, custode di segreti e di ipotesi.

E, alle spalle e prima dell’arrivo di Moreau e di Morel, l’isola del sogno e del desiderio è stata il set per la messa in scena delle avventure di Robinson Crusoe, dei pirati di Robert Luis Stevenson, dei fuggiaschi di Jules Verne.[3] E, qualche anno dopo Moreau, dei “bambini perduti” di Peter Pan,[4] prima di diventare, in tempi più recenti, uno dei tanti scenari delle metafore imbastite dalla science fiction.

E queste sono solo alcune delle destinazioni d’uso della nostra isola, senza andare troppo indietro nel tempo. Comunque un luogo inquietante, dove spesso le leggi del tempo e dello spazio sono eluse, se non annullate, ribaltate – come avviene, di fatto, nell’ultima vicenda che un’isola ospita, L’isola della paura.[5]

 


[1] La sottolineatura è mia.

[2] Cfr. A Cavicchia Scalamonti, La camera verde, Ipermedium, Napoli, 2003.

[3] Verne, 1874; Stevenson, 1883; Defoe, 1719

[4] J. M. Barrie, 1904, solo un anno prima della nascita di Little Nemo, di Winsor Mc Cay.

[5] D. Lehane, L’isola della paura, Piemme, Milano, 2005.

 

 

    (1)  [2] [3]