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fronte alla crisi del modello fordista, il sistema capitalistico risponde
attraverso massicci processi di ristrutturazione e riorganizzazione produttiva
e finanziaria. Si interviene sulla produzione mediante le acquisizioni
(concentrazioni-centralizzazioni), l'eliminazione del capitale pubblico e la
riorganizzazione produttiva, e sul reddito mediante la massima libertà nella
redistribuzione di ricchezza finanziaria privata (speculazioni monetarie, ecc.)
e pubblica (politiche monetarie complici, es. svalutazione) e nella
redistribuzione dei redditi da lavoro dipendente: in tutto il mondo/mercato
coloro che vivono di reddito da lavoro dipendente ed il loro monte retribuzioni
devono diventare funzionali alla ricapitalizzazione[7].
Il marketing inizia qui la sua inarrestabile ascesa. Si è
andata, così, via via affermando una società nuova, che per comodità è stata
chiamata postindustriale, centrata sulla produzione di beni immateriali:
servizi, informazioni, simboli, valori, estetica. Una società segnata dalla
globalizzazione. L’androide
post-fordista: genesi di un nuovo essere artificiale Analizzando il passaggio dal paradigma fordista a
quello postfordista, non si può, infatti, prescindere dal fenomeno della globalizzazione, caratterizzato da
tendenze contrapposte, da forze che spingono verso una omogeneizzazione
economica, sociale, politica e culturale e da altre che esaltano la dimensione
locale, talvolta anche in funzione della espansione della stessa
globalizzazione (le strategie cosidette
glocal). Ma che cosa s’intende per
globalizzazione? In primo luogo, quel fenomeno economico caratterizzato dalla
formazione di un mercato finanziario globale, scaturito dall’enorme aumento su
scala mondiale degli scambi finanziari reso possibile dallo sviluppo delle
tecnologie informatiche e della comunicazione. Ciò ha “liberato” la finanza dal
sistema della produzione. Non è tutto. Le grandi multinazionali sono, nell’immaginario
collettivo, il vessillo della globalizzazione. Superate le barriere delle
distanze grazie ai mezzi tecnologici (Internet) e al progresso avvenuto nel
campo dei trasporti, hanno creato un mercato globale sia tra le loro stesse
filiali sia tra i vari gruppi, influenzando le filosofie di governo statali e
lo stile di vita del singolo cittadino. Quest’ultimo, inoltre, è stato
letteralmente “mutato” dalla delocalizzazione del lavoro che le multinazionali
attuano spostandosi negli stati dove la manodopera costa meno, creando
concorrenza e disoccupazione nei paesi occidentali. “Da un lato la
globalizzazione dà il colpo di grazia alla declinante organizzazione fordista,
perché, depotenziando il potere di intervento degli stati nazionali, mette in
moto un processo di deregolazione che è destinato a togliere spazio e
credibilità alla contrattazione, a scala nazionale, tra i diversi interessi corporati. La deregolazione generata dalla globalizzazione diventa il terreno
elettivo su cui possono essere sperimentati e diffusi i metodi post fordisti di
organizzazione e di produzione, basati sul ricorso massiccio alla flessibilità
produttiva e all’outsourcing di rete. Man mano che l’organizzazione post
fordista della produzione si rafforza, il suo effetto è di rafforzare la
globalizzazione, perché la logica della flessibilità e dell’outsourcing
richiedono la continua estensione geografica delle reti a monte e a valle su
cui la singola impresa si appoggia”[8]. Il contesto entro il quale tali cambiamenti sono
avvenuti è quello della postmodernità:
un contesto in cui il sistema produttivo si fa meno rigido e richiede maggiore
flessibilità e capacità di adattamento. Il concetto di “flessibilità” sembra
non avere in sé un significato definito e univoco: per alcuni è sinonimo
d’autonomia, adattabilità e mobilità, per altri è una condizione generatrice
d’incertezza e precarietà. In questo senso è contigua all’idea di androide così
come è emersa dall’immaginario collettivo. Questa tendenza è stata intercettata
dal cyberpunk. Scrittori come
William Gibson, Bruce Sterling e Rudy Rucker hanno descritto nei loro romanzi uno
scenario postindustriale, in cui il rapporto macchina-uomo assume nuove forme e
propone nuove ipotesi, mutando allo stesso tempo il concetto classico di robot.
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