Certo che di
primo acchito può sembrare sconcertante il comportamento
delle associazioni per l’ambiente. Esiti, o derive, del
tardomoderno, della globalizzazione, del neoterico, che non butta via
nulla, produce percorsi individuali e cause collettive variegate,
eccentriche, centrifughe. Che convivono tranquillamente.
Un’altra conseguenza della fine delle “grandi
narrazioni” di cui scriveva Jean-François Lyotard
(1981). La tendenza dei miti dell’immaginario a scomparire. O
a cambiare abito. Con la fine delle ideologie, delle
“narrazioni”, appunto, fondate su una
finalità superiore, su valori assoluti, tutto diventa uguale
– e ugualmente legittimo. L’ambiente e gli uomini,
gli animali e le anime. Ci si sceglie una “causa”
avocandosene il diritto, e isolandola dal contesto. Senza pensare alle
conseguenze. Come se non ce ne possano essere. Mentre i fenomeni
sociali – tutti – producono
conseguenze. In genere inintenzionali. Ma in questo
caso… Viene in mente come immagine
speculare di questa vicenda il film di Roland Joffe, The
Mission (1986), in cui spicca l’interpretazione di
un gigantesco Robert De Niro. In breve, la storia.
Siamo in Paranà, regione sudamericana controllata da
spagnoli e portoghesi, intorno alla metà del XVIII secolo.
Il capitano Mendoza (Robert De Niro), cacciatore di schiavi e
mercenario, uccide in duello il fratello. Il rimorso lo dilania,
finché un gesuita (Jeremy Irons) non lo convince a risalire
con lui il fiume Iguazu per raggiungere una tribù di indios
che vive nella foresta. La loro missione è tentare di
organizzare un sistema comunitario dove agli indigeni sia possibile
vivere senza essere sfruttati. Sebbene condiviso dalle gerarchie
ecclesiastiche, il piano fallisce sotto il fuoco delle armi del braccio
secolare degli europei, preoccupati dalle possibili conseguenze
dell’esperimento. Naturalmente, le gerarchie cattoliche si
adeguano, e scaricano il gesuita e i suoi compagni. Bellissima,
e altamente simbolica, è una sequenza specifica del film.
Una volta deciso di seguire il gesuita, Mendoza, ancora lacerato dal
rimorso, non più solo per aver ucciso il fratello, ma anche
per le sofferenze inferte agli indios, si carica di tutte le sue armi,
e se le trascina dietro, impedendo a chiunque di condividerne il peso.
È il suo fardello personale, quello che
gli serve a ricordare continuamente la sua colpa. Solo quando, rimasto
bloccato, vede un indio tagliare la corda che lega le armi e farle
precipitare nel fiume, si rassegna: è stato liberato
– attenzione: da una delle sue vittime – finalmente
dalla sua colpa, e dalla sua sofferenza. Recupererà le armi
in seguito, solo per difendere gli indios dall’assalto dei
suoi connazionali. E così, risponde a Rudyard Kipling.
Mendoza non è Tarzan, ma gli si avvicina assai. Anche
perché non esita, quando arriva il momento, ad usare la
forza per difendere i suoi nuovi “fratelli”.
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