L'uomo cartesiano, la natura bizzarra e il topolino di Thorndike |
di Livio Santoro | |
Tra gli innumerevoli apporti
all’indagine scientifica del pensiero di Cartesio
c’è quello che parla di res cogitans
e res extensa. Res cogitans e res
extensa non sarebbero altro che le astrazioni primordiali
attraverso le quali è possibile considerare
l’essere umano. La prima corrisponde al mondo psichico, la
seconda al mondo corporeo, quello fisico. Vi sono, cioè,
alcuni fenomeni che appartengono in maniera privilegiata al primo tipo
di realtà ed altri che, invece, corrispondono al secondo.
È facile far scaturire da questa contrapposizione quella
più classica e duttile che vige tra anima e corpo. Come
noto, questa doppia visione delle cose ha avuto una serie di effetti
nella lettura della realtà che per numerosissimi anni (ed
è forse il caso di dire che, per certi versi, ancora siamo
in questo periodo) hanno imposto un modo di vedere le cose per
così dire condiviso. Non è la distinzione tra
anima e corpo che ci preme indagare, ma quella, forse più
mondana che appartiene alle maglie ristrette del metodo
dell’indagine ontologica del mondo. Tale distinzione
è quella tra soggetto ed oggetto. Lungi dal pretendere una
soluzione frettolosa a questo problema secolare, sarebbe tuttavia
importante assumerlo nella sua più immediata considerazione.
Sostenere che esiste un soggetto e che esiste, parimenti, un oggetto ad
esso separato vuol dire che si suppone l’esistenza di due
realtà distinte: quella naturale (che corrisponde al mondo
degli oggetti) e quella spirituale (che corrisponde a quello del
soggetto). Si è presa a prestito la risaputa distinzione
diltheyana tra scienze della natura e scienze dello spirito non a caso,
quanto per un motivo particolare. Le scienze della natura hanno come
oggetto la natura stessa, le scienze dello spirito, va da
sé, hanno come oggetto l’uomo. Ciò che
le distingue non è solo il metodo che le caratterizza, che
pure è differente tra le due, ma è anche e
soprattutto l’oggetto a cui esse alternativamente si
riferiscono. L’uomo è oggetto separato dalla
natura, è, chiaramente, soggetto. Questo significa che
esisterebbero due aree separate ed inconciliabili in quanto non hanno
dichiaratamente continuità tra di loro, necessitando di un
vero e proprio salto per essere perlustrate entrambe. Dunque
l’uomo, ossia chi agisce nella pratica della perlustrazione
scientifica, ha la possibilità di appropriarsi del mondo
naturale con la certezza del fatto che esistono delle leggi a cui il
mondo naturale si rifà, inderogabilmente. Il problema
nell’indagine scientifica si verificherebbe, invece,
all’interno dell’uomo stesso, inafferrabile fin
quando non lo si promuove al ruolo di oggetto naturale. E
quest’ultima cosa è, sia detto a margine,
grossomodo quello che i comportamentisti, Thorndike e Pavlov,
intendevano fare trattando l’animale come l’uomo
(ossia l’uomo come l’animale). | ||
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