Un altro interessante tratto in comune alle
due opere è il fatto che in entrambe l’azione si
svolga prevalentemente intorno ad un unico elemento naturale: il mare
nel caso di Goodbye Chunky Rice, la neve nel caso
di Blankets. Di questi elementi
Thompson fa un uso altamente metaforico: laddove il mare, come
è già stato ricordato, unisce e separa,
può essere l’unico amico ma anche il nemico
più crudele (distrugge in un attimo la vita della cagnetta
Stomper, minaccia di distruggere la nave sulla quale viaggia Chunky,
è il responsabile fisico, materiale, di tanti distacchi), la
neve viene utilizzata in più punti nella narrazione di Blankets
per una serie di riflessioni sui cambiamenti del paesaggio e sullo
scorrere del tempo che hanno un chiaro richiamo alla storia. Craig,
passeggiando per i boschi nei giorni del disgelo, osserva ad esempio
come le cose, prive della copertura del manto bianco della neve, mutino
completamente forma fino a rivelare un paesaggio del tutto
irriconoscibile. E quando nelle ultime pagine, ormai adulto, torna a
trovare i suoi genitori durante le feste di Natale ed esce da solo a
passeggiare e a guardare la neve, lo vediamo correre come un bambino in
alcune vignette mute e immacolate, per poi fermarsi a contemplare le
proprie tracce con un sorriso e commentare:
“Che
soddisfazione lasciare un segno su una superficie bianca. Fare una
mappa dei miei movimenti… anche se è soltanto
temporanea”.
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