Entrambe le opere si
configurano innanzitutto come storie di crescita, e il distacco, la
separazione, sono una componente naturale di ogni percorso di
crescita. Un altro elemento palpabile in entrambe le storie
è la solitudine, declinata con poesia e malinconia in ogni
canale espressivo: compare tra le parole dei protagonisti, i ricordi
del passato, le pieghe dei paesaggi, perfino nel tratto del disegno.
Alla fine si è soli, si cresce restando da soli, ci
suggerisce Thompson, e questo non è altro che
l’ordine naturale delle cose. Tutta la storia di Blankets,
poi, è costruita anche intorno all’amore: al
racconto di un innamoramento adolescenziale illogico e totalizzante,
l’esperienza più comune eppure più
singolare del mondo, nella quale ogni lettore può facilmente
identificarsi pur sapendo che ognuna di queste storie è
unica e irripetibile. Un altro concetto-chiave in Blankets,
ossessivamente presente in tutto il romanzo, è
senz’altro la religione. La morale cristiana pervade la vita
del giovane Craig, cresciuto in una comunità fondamentalista
che fa del cristianesimo evangelico il perno dell’educazione
dei giovani. Questo tipo di religione però, agli occhi di
Craig, non è mai espressione di trascendenza, di senso del
divino, e non fornisce risposte valide: è per
l’appunto una presenza ossessiva e ingombrante, che fin da
bambino gli parla esclusivamente di paura e di colpa, di regole e
limitazioni. In tutta la storia c’è un continuo
dialogo tra il retroterra religioso di Craig e le sue nuove scoperte,
le nuove consapevolezze che nascono dalla sua storia d’amore,
come la presa di coscienza del proprio corpo e della propria
sessualità, dei propri desideri e delle proprie ambizioni.
Una dialettica che porterà, anch’essa, al
superamento di antiche paure e alla nascita di un nuovo Craig, libero
dal peso di una morale che non gli è mai appartenuta. Il
dialogo tra il presente e il passato è continuo in entrambe
le opere: si tratta di una delle caratteristiche distintive dello stile
di Thompson. Come in Blankets è
fortissima la presenza dell’infanzia, con il continuo
richiamo ad aneddoti della vita di un Craig bambino, già
perseguitato dal senso di solitudine e di estraneità e
carico di domande e di insicurezze, allo stesso modo in Goodbye
Chunky Rice veniamo continuamente trasportati nei ricordi
dei vari personaggi, che ci aprono dolorosi squarci sulle loro tante
storie di perdita e di distacco. Un movimento continuo enfatizzato
dallo stile vibrante e dinamico di Thompson, dove il tratto
è fortemente emotivo e le pagine sono composte a volte come
affreschi a sé stanti, altre come bianchi momenti di
silenzio, altre ancora come struggenti canti di nostalgia, come incubi
o splendidi sogni.
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