Sempre Tarzan
suggerirà poi il genere delle biografie fittizie con Tarzan
Alive: A Definitive Biography of Lord Greystoke da cui
germinerà il terzo grande ciclo farmeriano, meno strutturato
ma altrettanto ambizioso, quello dell’universo Wold
Newton, dove si presuppongono parentele aliene che legano
insieme una combriccola stupefacente, comprendente tra gli altri, Doc
Savage (la sua biografia apocalittica è
l’altro tassello di partenza), Philip Marlowe,
Arsène Lupin, James Bond, Nero Wolfe, Phileas Fogg, il
Viaggiatore nel tempo di H.G. Wells e Sherlock Holmes. Strange
Relations si intitola una sua bizzarra pentalogia
di racconti a sfondo erotico/psicanalitico/fantascientifico, titolo che
si apprezza appieno in questa chiave. Analisi,
ragionamenti, studi: lasciamoli da parte. Capire il gioco di Farmer
comporta l’affidarsi alla fantasia più che alla
ragione. Ripetiamolo, Farmer è un riscrittore e nei migliori
omaggi alla sua opera non viene esplicitamente citato, come la serie Lost,
una variazione ben temperata sul tema principale del Riverworld,
la resurrezione, così come nel fumetto Den
di Richard Corben, che incarna letteralmente l’eroe
farmeriano, guerriero atletico e sessualmente prorompente (anche Corben
ebbe grattacapi con la censura). Oppure gli omaggi arrivano da cultori
del suo metodo, il citazionismo di Quentin Tarantino, esemplare in tal
senso. Logiche postmoderne, di cui Farmer è autorevole
precursore. Per saperne di più sulla sua opera,
insomma, non occorre rileggersi pagine e pagine di critica letteraria,
di commenti, appunti, dubbi ed elogi, studi a loro volta provocanti,
intelligenti, oppure troppo interne alla logica del fandom. Per
approfondire, comprendere, rendersi conto in prima persona è
sufficiente… ritrovarsi sul Mondo del fiume,
incontrare e parlare direttamente con gli autori che hanno ispirato
Farmer, quelli da cui ha preso a prestito personaggi e situazioni.
Impossibile? No, noi ci fidiamo di Farmer: come tutti gli scrittori che
finiamo per amare, anch’egli è un amico di lunga
data, e la fiducia è il principio costitutivo
dell’amicizia. Non abbiamo seri motivi per non credergli, per
non ritenere possibile che una volta risvegliati sul Mondo del fiume
saranno inevitabili incontri straordinari con persone che abbiamo
conosciuto personalmente o con cui si sono intrattenute relazioni
virtuali, come quelle che produce la lettura di un romanzo, ad esempio.
È solo questione di tempo. Certo oltre 36 miliardi di
persone che si spostano danno luogo ad un numero finitamente grande di
combinazioni non sono una cosuccia da poco, ma avendo a disposizione
l’eternità e dunque l’infinito (sul Riverworld,
come si è detto, si muore ma si resuscita inesorabilmente),
prima o poi ci troveremo faccia a faccia con chiunque. Il campo si
restringe, di poco ma si restringe, se intentiamo una ricerca, una Quest
come quella che gli eroi farmeriani tramano lungo migliaia di pagine.
Bisogna pagar pegno, certo, si deve morire, come accade ogni volta che
si termina un libro, per poi risorgere in un altro di cui si inizia la
lettura, per restare al gioco farmeriano della metafora. La nostra
ricerca si restringe, dunque, perché diamo inizio ad
un’avventura e questo è un lavoro per eroi,
appunto, in genere anche un pizzico fortunati, almeno gli eroi moderni,
quelli popular, meno oppressi dal senso tragico, più inclini
all’avventura per l’avventura, Indiana Jones, per
intenderci personaggio genuinamente farmeriano. Scegliendo a caso,
marciando, riposando e riprendendo il cammino senza sosta (sul Riverworld
siamo tutti dei ventenni privi di acciacchi, fisico sano,
forte, vitale), cercando indizi, incontrando altre
personalità che esulano dalla ricerca, potremmo fare due
chiacchiere con John Lennon, Petrarca, Keplero o Massimo Troisi, per
poi riprendere la caccia, finché, un giorno (non
c’è dubbio, il passaggio è ellittico),
eccoci al primo incontro ravvicinato, e non è dei
più semplici, perché Kurt Vonnegut è
ancora piuttosto di malumore per il beffardo scherzo tiratogli in Venere
sulla conchiglia firmato da un personaggio inventato da
Vonnegut, Kilgore Trout, protagonista de La colazione dei
campioni e di Cronosisma, apparso per la
prima volta in Perle ai porci e poi ricomparso in
altri romanzi di Vonnegut quale personaggio marginale. Lo stile
nell’occasione era a là Trout, la stampa ci
cascò, attribuendo la storia a Vonnegut, Farmer se la rise,
ma Kurt se la prese parecchio e richiese di rimuovere dalla copertina
la firma abusiva, ma tant’è, il romanzo
è un pastiche funambolico da non perdere.
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