Philip
José Farmer, scribacchino ingegnoso di pulp (science) fiction |
di Gennaro Fucile | |
Gli uomini, però, sono imperfetti, non sono mai definitivamente eroi, quindi meglio filarsela, prima di riaprire una vecchia (?) piaga, lui Vonnegut Jr. probabilmente ancora non l’ha digerita. Via dunque, meglio girare alla larga, chissà, può capitarci di tutto (solo morire qui non ci spaventa) conviene tenersi a distanza anche da altri scrittori, dichiaratamente coinvolti da Farmer, come Herman Melville, poiché l’Ishmael di Pianeta d’aria arriva da Moby Dick, o Dostoevski tirato in ballo direttamente ne L’inferno a rovescio, altra storia di resurrezione, oppure artisti indirettamente trascinati nelle sue saghe, come William Blake; i nomi dei Signori degli universi arrivano dalla mitologia del visionario poeta inglese, oppure l’altro Burroughs, William, nel cui stile crudo, secco, fulminante, adrenalinico si racconta (ancora una volta) di Tarzan, ne Il dannato figlio della giungla impasticcato. Conviene guardarsi anche dal papà di Dracula, Bram Stoker, visto che razza di vampiri circolano nei porno-horror fantascientifici L'immagine della bestia e Nelle rovine della mente. In questa giungla di firme letterarie ci si perde, poiché i rimandi ramificano a vista d’occhio e crescono rigogliosi. Oppure, al contrario, seguendo piste già battute ci si imbatte nei soliti nomi, si riparla delle eredità ormai certificate, delle suggestioni dichiarate dallo stesso Farmer, o riportate alla luce da quanti si sono cimentati in una lettura critica. Meglio allontanarsi, facendosi guidare solo dalle suggestioni che attraversano le pagine farmeriane, il solo criterio, per altro, che consente di definire grande uno scrittore. Ebbene, alcuni indizi ci riportano alle origini della carriera di Farmer, ai primi anni Cinquanta, quando negli Usa, parallelamente al benessere economico, si affermano i primi sogni di massa consentiti dal tempo libero e armate di turisti vengono colonizzate da immagini di terre esotiche, prima di colonizzare a loro volta quei territori. Dall’Africa alle isole del Pacifico, si moltiplicano le visioni di terre aliene, misteriose, forse anche pericolose. C’è una grande colonna sonora che accompagna queste immagini. La si chiamerà Exotica, con una serie di successive o parallele declinazioni, lounge music, cocktail music, elevator music, bachelor pad music. Un metagenere pop, il primo che giocherà con i suoni operando con la medesima logica permutativa che Farmer dispiegherà nelle sue opere. Musica che farà perno sull’attrazione, sul timore e dunque ancora sull’attrazione che il diverso agita, e differente dai generi codificati era certamente l’exotica, con quel continuo miscelare canti di uccelli, cascate di sezioni d’archi, coloriture timbriche, ritmi latino-americani, come il cha cha cha o il mambo, insieme a polke, ballate pop, canzoni d’amore del Pacifico, temi da musical, jazz, sonorità quasi rock (&roll) e folk. Una vicenda che prende le mosse grazie soprattutto ad un’eroina e due eroi: Yma Sumac, Les Baxter e Martin Denny al quale si deve il conio del termine Exotica. Sono gli anni in cui Farmer scrive e pubblica Gli amanti di Siddo (1952) storia scandalosa all’epoca per il mondo della fantascienza, storia di sesso tra un uomo e un’aliena, insomma la rottura di un tabù: quello sessuale. Uno strano incontro era avvenuto proprio due anni prima tra la Sumac e Les Baxter. Lei, all’anagrafe Zoila Augusta Emperatriz Chavarri Del Castello, era dotata di un’incredibile estensione vocale ben oltre le quattro ottave e la leggenda la vuole discendente di Atahualpa, ultimo re degli Incas. Sulle Ande la sua voce inizia scalate impossibili fuori dai teatri d’opera. Lui, texano, sassofonista e arrangiatore si fa le ossa in band locali fino ad arrivare a suonare con Mel Tormé. Nel 1950 i due si incontrano sotto l’egida della Capitol. Nasce l’album The Voice of Xtabay, titolo di cui potrebbe benissimo fregiarsi un romanzo del sottogenere fantascientifico space opera, e la suite omonima è un vero canto alieno che agita nello shaker ritmi sudamericani e impressionismo orchestrale e su tutto si leva la voce/strumento della regina andina. | ||
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