UN’EPIDEMIA SILENTE: LA DISMORFIA MUSCOLARE
di Monica Buonaiutoe Rossella Miraglies |
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Gonfiano i loro fisici, eseguendo con grande concentrazione i loro esercizi, affinché il muscolo “straripi” da sotto la pelle, ignari di mostrare il simbolo della loro debolezza psicologica, legata ad una profonda insicurezza dell’identità di genere. I muscoli, infatti rappresenterebbero per loro un mezzo di compensazione per un senso di inadeguatezza circa la propria mascolinità. Pope (2000) sottolinea che più di una distorsione relativa all’immagine dei loro corpi, nei soggetti con dismorfia muscolare, vi è una distorta immagine di se stessi come uomini. L’insoddisfazione nei confronti di se stessi, viene trasferita sul corpo, come debole maschera che cela un vuoto incolmabile. Il controllo ossessivo e la disciplina meticolosa degli individui con dismorfia muscolare è analogo a quello di donne anoressiche. In entrambi i casi il corpo è al centro di un’attenzione continua, non in quanto mezzo per raggiungere un obiettivo, ma come obiettivo in sé. Il peculiare rapporto che le anoressiche hanno con il cibo e con il proprio corpo, così come l’impegno costante dei culturisti con dismorfia muscolare nel modellare e gonfiare ogni muscolo, si possono considerare come un modo per esercitare la propria autonomia, la propria volontà individuale. Come i soggetti con anoressia nervosa, così gli individui con dismorfia muscolare vivono un senso di inadeguatezza che li induce ad evitare contatti sociali, a fallire frequentemente nelle relazioni interpersonali. Entrambi dispongono di un’autostima, estremamente fragile. Uno degli aspetti più volte sottolineato è la marcata correlazione esistente, per i soggetti affetti da dismorfia muscolare, tra taglia muscolare e autostima. Sembra che quest’ultima dipenda in modo esclusivo da quanto grossi i soggetti sentono di essere. Questo fenomeno spiegherebbe l’esigenza dei soggetti di richiedere costantemente rassicurazioni dagli altri, concernenti lo sviluppo ulteriore della loro muscolatura. A.M. Klein (1993) scriveva: “più insignificante si sente all’interno, più il culturista si sforza di apparire all’esterno”, più i muscoli si gonfiano e si evidenziano, maggiormente è soddisfatto di sé. Per compensare queste profonde insicurezze gli individui con dismorfia muscolare intensificano il loro programma di sollevamento pesi, così da assumere un aspetto tanto imponente, quanto intimidatorio, in una sorta di circolo vizioso. Allo stesso modo le donne anoressiche si lasciano morire di fame per divenire “minacciosamente” magre, mai abbastanza per loro stesse. Sebbene l’obiettivo degli individui con dismorfia muscolare sia quello di avere un corpo “potente”, simbolo della mascolinità, e quello delle anoressiche sia, al contrario quello di diventare filiformi, ciò che accomuna i due gruppi è il concentrarsi ed il costruire il proprio corpo come una materializzazione della propria volontà individuale. I risultati che si ottengono sul proprio fisico, muscoloso oppure magrissimo, sono un modo per compensare la fragilità del proprio senso identitario. | ||
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