I MIRACOLI DELLA VITA
di James G. Ballard
I miracoli sono, almeno per noi che abbiamo la fortuna di conoscerlo e apprezzarlo, gli eventi che hanno costellato la vita di James Ballard, e che il suo sguardo e la sua sensibilità sono riusciti a trasformare da materia grezza della vita quotidiana in sostanze originarie di una narrativa e una saggistica preziose per noi lettori a cavallo del millennio. Quindi non soltanto gli avvenimenti narrati nel capitolo che dà il titolo a questa sua autobiografia – l’incontro con la futura moglie – ma tutta la prima parte della sua vita, trascorsa a Shanghai, il trasferimento in Gran Bretagna, e, almeno, i continui rifiuti dei suoi racconti da parte delle riviste di science fiction americane cui li spediva, che lo hanno intestardito a non cambiare strada, lo hanno fatto addentrare sempre più nel mondo della scrittura, e lo hanno spinto a fondare una sua rivista di fantascienza, New Worlds, con cui dava vita alla New Wave britannica e incitava ad esplorare gli spazi interiori, visto che lo spazio esterno della space opera ormai si era esaurito. A marcare subito la dimensione profondamente sociologica della sua scrittura è, in un movimento chiaramente autoriflessivo, la consapevolezza che il presente funziona da filtro nella narrazione del proprio passato, elaborandolo, valorizzandolo, dandogli senso. E leggendo la descrizione dei suoi anni infantili a Shanghai non si può non essere d’accordo con lui sulla forza e l’influenza che questa città – irrimediabilmente esotica anche per Ballard, che vi era nato – ha avuto sulla sua evoluzione come scrittore: un set cinematografico, un luogo fantastico che conduceva il piccolo James a chiedersi dove fosse invece la realtà… |
titolo I miracoli della vita
di James G. Ballard
editore Feltrinelli,
Milano
pagine 227
prezzo € 17,00
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La vita nell’Insediamento internazionale di Shanghai, il suo movimento lento e controllato, organizzato, profondamente contrastante con la miseria, i conflitti, il disordine esterno fanno pensare immediatamente ai suoi romanzi più maturi, da Cocaine Night a Millennium People e Regno a venire, accurate e realistiche descrizioni di non luoghi in cerca di una vita reale, e non, invece, di una sua rappresentazione artificiale. Luoghi chiusi all’esterno, pianificati e artificiosi, che rimandano appunto all’”Insediamento” di Shanghai, luogo “vero”, ma contemporaneamente isolato dal suo spazio e dal suo tempo, comunità sospesa, separata dal mondo, tenuta insieme da “… il bridge, l’alcool e l’adulterio… il magnifico cemento che tiene insieme le società”, di cui gli abitanti finiscono per farsi un’idea largamente immaginaria. Fin quando la guerra non arriva a incrinarne le illusioni e la presunzione. Altro elemento consueto nella narrativa dello scrittore inglese: l’irruzione dell’irrazionale – e cosa c’è di più irrazionale della guerra? – nelle ordinate routines quotidiane dei non luoghi abitativi. E si potrebbe continuare: come non riconoscere il nucleo del feroce e disincantato racconto Un gioco da bambini nelle riflessioni sul sostanziale disinteresse per i propri figli degli occidentali agiati del primo Novecento? O ancora, l’incontro con la serie dei quadri di Francis Bacon dedicati ai cardinali con alcuni aspetti, i più apocalittici, della sua narrativa? Ma, più di tutto, un’intuizione straordinaria, sulla catastrofica funzione di frattura epocale che ebbe l’omicidio del presidente John Kennedy, che trova corpo nel 1966 nel racconto L’assassinio di John Fitzgerald Kennedy visto come una gara automobilistica, e che secondo Ballard è inestricabilmente legato all’innesco della potente carica rivoluzionaria che ebbero gli anni Sessanta del secolo scorso. |
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Adolfo Fattori |
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