Non esiste una definizione unica di idolo virtuale, ma
sicuramente con questo termine ci si riferisce a un personaggio
virtuale, e quindi non esistente in carne ed ossa, ma che
però ha una propria vita, una biografia, video e foto che
hanno dunque un’oggettività simile a quella di un
essere umano.
Il termine idolo virtuale è stato utilizzato
per la prima volta in Giappone nel 1996 dalla Hori Production, una
delle più importanti agenzie di modelle
giapponesi, per definire la prima star virtuale, Kyoko Date (DK-96),
una sorta di esperimento per la nascita di un nuovo genere di
personalità mass-mediatiche. Il termine giapponese
è Idoru (L’Aidoru di
Gibson) e definisce un personaggio che, pur non essendo in carne ed
ossa, ha comunque una vita reale: è capace di provare
sentimenti e di compiere azioni, come ad esempio registrare un disco.
Gli idoli virtuali assorbono il mondo reale, nelle sue forme estetiche
e comportamentali. Kyoko e Lara Croft, solo per riportare i due esempi
più famosi, sono modellate su canoni estetici umani e hanno
una dettagliata biografia che ne indica i gusti e la storia personale.
La differenza rispetto alla vita reale è data
però dalla dimensione del tempo: per loro passato, presente
e futuro esistono, ma non scorrono: non passano e non accadono
perché sono già lì (Perniola). Gli
idoli non rimangono mai uguali a se stessi: non sono entità
o rappresentazioni immutabili e fisse, ma il risultato di un processo
infinito di sedimentazione, in cui, al ritmo delle dinamiche sociali,
si sommano contributi eterogenei che finiscono per costituire un
orizzonte di senso utile all’individuo per comprendere la
realtà. Una volta assunto questo concetto, si riesce a
comprendere che gli idoli, in qualunque forma si presentino, svolgono
un ruolo irrinunciabile su cui vale la pena riflettere. Gli idoli
contemporanei sono ovviamente diversi da quelli del passato: nella
società dell’immagine coloro che in modo
più evidente assolvono tale funzione sono coloro che hanno
maggiore visibilità e perfezione, che attivano processi
imitativi portati spesso anche all’estremizzazione, come nel
caso di certi interventi di chirurgia estetica. Si ha
nell’uomo una continua esigenza di creare miti e idoli
perché si sente il bisogno di sviluppare un immaginario
collettivo che ci comunichi il senso più profondo del vivere
specifico nella nostra società, nel nostro mondo attuale.
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