A rendere più
fertile nel film il gioco degli anacronismi, contribuiscono anche le
caratterizzazioni degli altri personaggi, interpretati da attori di
rilievo a cominciare da Catherine Deneuve, qui angelica nobildonna
mossa da un discutibile senso di generosità verso il
prossimo, purché di pelle bianca. Votata alla causa degli
yankee, alterna la meraviglia per il cielo stellato
all’altrettanto stupore per l’ostinazione degli
indiani d’America a popolare una terra che Dio ha concesso ai
bianchi, e per questo convinta che scacciarli ad ogni costo sia un atto
non solo legittimo ma che ne giustifica anche lo sterminio:
“sono belle le missioni umanitarie”, esclama
Marie-Hélène de Boismonfrais, alla quale Ferreri
concede il ruolo da protagonista nella scena decisamente più
comica del film, quando da timida e ritrosa alle avanche
di Custer, si trasforma in energica amante capace di sollevare lui e
condurlo a letto. Tra gli indiani, spiccano i volti
di due celebrità del cinema internazionale, Serge Reggiani e
Alan Cuny, nei rispettivi ruoli dei leggendari Cavallo Pazzo e Toro
Seduto, due nomi che riflettono due atteggiamenti diversi nei confronti
della crudeltà dei bianchi: il primo non a caso scalpita per
attaccare gli usurpatori con un’azione collettiva di
resistenza condotta da tante tribù (accomunate, nel film, a
meridionali e palestinesi) così unite da formare un popolo;
il secondo, statico nello sguardo come nei gesti, agli inizi
più riflessivo, convinto che i barbari attacchi subiti dalla
sua gente siano frutto dell’indisciplina dei soldati,
all’insaputa del presidente Nixon, del quale
anacronisticamente il generale Terry conserva il ritratto nel proprio
ufficio. Ad alimentare quello strano concetto di pace, che
serve, come lamenta Cavallo Pazzo, a preparare una nuova guerra,
c’è inoltre il personaggio interpretato da Paolo
Villaggio, vorace divoratore di patatine fritte ma soprattutto
indispensabile manovalanza intellettuale per la supremazia imperialista
statunitense (la pax americana), ma che non
disdegna di venire ai fatti adoperando con destrezza fucili di quelli
tipo Mannilicher-Carcano, dal ’63 abbinato
all’icona di Lee Harvey Oswald e ai tragici fatti della Dealy
Plaza di Dallas.
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