Mastroianni è George Armstrong Custer,
motore sia della vicenda storica che del film: fanatico del corpo a
corpo, lo squadrista Custer si lancia nell’impresa al grido
di “Dio, Patria e Settimo cavalleggeri!”,
quest’ultimo la sua famiglia, abbracciata dieci anni prima
della disfatta e del proprio decesso: era il 1866 quando il generale
Sheridan gli assegnò il reggimento di nuova formazione,
allontanando così la prospettiva di Custer, deluso dal
trattamento serbato a molti ufficiali dopo la guerra civile, di
raggiungere in Messico l’imperatore Massimiliano
d’Austria, impegnato nella repressione dei ribelli di Benito
Juárez. Philippe Noiret è
interprete di un generale Terry, avido di oro e non meno spregevole
negli intenti rispetto a Custer, più propenso il primo ai
vantaggi di una guerra condotta con strumenti di morte moderni e
sofisticati: Terry era infatti attratto dallo spietato fascino delle
armi dai colpi dalla traiettoria parabolica, mentre Custer prediligeva
il tiro con la pistola e la scherma, le sole due discipline, insieme
alla destrezza con il cavallo, nelle quali pare essersi distinto
durante un suo apprendistato a West Point. Ugo Tognazzi
è Mitch, uno scout al soldo di Custer, che incarna la
spregevole combinazione di spietato mercenario e invidioso ruffiano.
Dileggiato dai pellerossa a lanci di pomodori e fragorose pernacchie,
non esita tuttavia a dare la giusta dritta a Cavallo Pazzo per far
fuori il suo generale, reo di trattarlo da indiano. Inoltre quello di
non avere come oggetto del proprio desiderio la donna
dell’uomo bianco è il monito che il generale
rivolge ripetutamente a Mitch, proibizione questa a cui si deve anche
il titolo del film. A Michel Piccoli tocca la parte di un'altra icona
mistificata dall’epopea western al pari di quella di Custer,
ovvero Buffalo Bill. Se il generale ebbe in sorte una carriera militare
favorita più dai demeriti dei suoi pari durante la guerra
civile statunitense, che dalle proprie capacità, spesso
salvata da influenti amicizie nelle alte sfere dell’esercito
dell’Unione, il celebre cacciatore di bisonti fu per lungo
tempo celebrato per aver sfamato gli operai impiegati nella costruzione
della ferrovia, ma in realtà fu il simbolo di uno scempio
ecologico, minore solo al genocidio dei pellerossa.
L’irriverente parodia di Piccoli restituisce un William
Frederick Cody narratore delle proprie imprese, perfetto loser
quanto un De Niro nelle prime scene di Toro
scatenato e malinconico come quello cantato da De Gregori
nell’album del 1976, nonostante la storia lo ricordi anche
come abile impresario.
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