Il
rapporto però è anche inverso: non sono pochi
i casi in cui è la
realtà ad aver preso spunto dalla fantasia. Quando Ronald
Reagan fece
suo il progetto ufficialmente noto come “iniziativa di difesa
strategica” (SDI in inglese), lo
chiamò popolarmente “Guerre
stellari” in omaggio alla celebre saga cinematografica della
fantascienza. I raggi laser che i satelliti difensivi dovevano essere
capaci di sparare avevano non poche attinenze con i raggi letali della
Morte Nera, gioiello distruttivo di quel film. Molta narrativa
fantascientifica, inoltre, deve aver ispirato il Pentagono nei suoi
progetti di robot combattenti. I cyborg, esseri cibernetici a
metà tra
biologico e artificiale, hanno dominato le pagine di una certa
fantascienza del Novecento e ispirato film di successo come Terminator.
Costruire simili, imbattibili forze deve essere parso ai vertici
militari un obiettivo importante da conseguire8. E
che dire
dell’invisibilità garantita ai velivoli stealth
americani,
bombardieri non soltanto quasi totalmente automatici, ma capaci di
passare inosservati ai controlli di terra? Il dispositivo di
occultamento presente in tante puntate di Star Trek
e capace di garantire vantaggi tattici non da poco è stato
certo un’ispirazione rilevante per i progettisti
militari. Una
menzione a parte merita il caso di Chernobyl. Si tratta, di nuovo, di
un caso in cui è la realtà a imitare, se non a
superare, molta fiction.
Di nuovo, le paure di massa si appropriavano della catastrofe,
apprendendo con sgomento delle mutazioni, delle devastazioni, dei
rischi portati dalla nube radioattiva anche a lunghissima distanza. Di
nuovo, l’evolvere della tecnologia tornava a terrorizzare non
solo le
coscienze meno informate ma anche quelle degli addetti ai lavori,
illusisi di poter controllare ogni aspetto di un processo tecnologico
inevitabilmente al di sopra delle loro forze.
Chi oggi
affronta la
visione di un capolavoro del cinema come Stalker di
Tarkovskij
(1979), tratto da un racconto dei primi anni Settanta dei fratelli
Strugackij, scoprirà con sgomento che la Zona proibita in
cui si
avventurano i tre protagonisti ha molto in comune con quella che oggi
è
l’area intorno a Chernobyl, un mondo morto che funge da
ammonimento per
la razza umana; ancora una volta, la fantasia precedeva la
realtà. E
allora come interpretare l’undici settembre? Si pensi a tutti
i film in
cui la città di New York si trova massacrata da assalti
nemici, di ogni
tipo: da meteoriti (Deep Impact e Armageddon,
1998) a extraterrestri (Indipendence Day, 1996), da
mostri post-atomici (Godzilla, 1998; King
Kong, 1933) a terroristi kamikaze (Attacco
al potere,
1998). Ecco che nel 2001, a pochi anni di distanza da quando la maggior
parte di questi film escono nelle sale, la fantasia si trasforma in
realtà e il cittadino newyorkese comune
s’interroga su cosa davvero
vede in quelle immagini, si chiede quale corto circuito tra la finzione
e la verità abbia prodotto tutto quello. La
risposta, a livello di
cultura popolare, è stata ritrovata in America nei
supereroi. Non c’è
da stupirsene: di fronte a una minaccia che appare, nonostante il
terribile realismo, appartenente più
all’immaginazione che alla vita
reale, di fronte alle immagini di Torri cadute che sembrano appunto
più
“immagini” che verità, la soluzione va
trovata sempre a livello di
finzione. Era Capitan America a salvare il mondo dalla minaccia
nazista, così come la lotta contro le ingiustizie negli anni
Sessanta
era condotta dai membri della “Justice League of
America”. Perciò,
all’indomani dell’undici settembre, tornano in auge
sugli schermi
cinematografici Spiderman (2002), Daredevil
(2002), Hulk (2003), Batman
Begins (2005), I Fantastici Quattro (2005),
Superman Returns (2006), Iron Man
(2007), per non parlare dei relativi sequel. Già solo due
mesi dopo
l’undici settembre, Sergio Brancato sosteneva: “Io
credo che questo
evento [l’undici settembre] sul piano simbolico sancisca il
passaggio
ad un nuovo ordine della realtà. Ci sarà
cioè un nuovo modo della
società contemporanea – delle società
contemporanee – di rappresentare
se stesse. Poiché, come ogni forma
dell’immaginario, anche il
dispositivo del supereroe è un modo attraverso cui le
comunità e le
società si autorappresentano, è evidente che
anche questa forma
comunicativa affronterà un processo di trasformazione anche
probabilmente piuttosto profondo”9.
Questa trasformazione
profetizzata
si è puntualmente verificata, in risposta alle nuove paure
di massa e a
una nuova sindrome del giorno dopo. Resta da vedere se sia la soluzione
più adatta in un mondo che diventa ogni giorno
più incapace di
distinguere la realtà dalla finzione.
|