“Quando
tutto a un tratto Hansel vi spinse, invece, la povera strega
indifesa, che finì dentro il forno e morì
bruciata viva, contorcendosi
negli spasmi dell’agonia. Ora bambini e bambine come pensate
che ci si
possa sentire?”. È
con queste parole che Morticia Adams,
impersonata da Anjelica Huston, racconta a un gruppo di bambini
dell’asilo la storia di Hansel e Gretel, nel film La
famiglia Addams (The Addams Family,
Barry Sonnenfeld, USA, 1991). L’accento sull’agonia
e sull’orribile
morte della “povera” strega, uccisa da bambini
improvvisatisi
carnefici, è uno slittamento di senso che incarna
l’assunzione di un
punto di vista altro rispetto a quello consuetudinario, nel rapportarsi
all’esperienza della fiaba per bambini. Quello che Morticia
domanda ai
piccoli ascoltatori è in realtà una richiesta
inviata direttamente allo
spettatore, che si trova così a ragionare e a sorridere di
un mondo
eterotopico (nell’accezione di Michel Foucault), del quale
accetta, in
virtù della così accentuata diversità
rispetto al proprio, le leggi e
le ambiguità. L’ironia e il comico sono
tradizionalmente i luoghi
privilegiati per la sperimentazione dei sensi, laddove il rovesciamento
di una situazione culturalmente consolidata permette allo spettatore di
percepire il distacco dal reale e provare così il piacere
nel consumo
del prodotto. Non è un caso, quindi, che gli elementi
più oscuri
dell’immaginario fiabesco vengano posizionati nella
produzione, non
solo quella cinematografica, di narrazioni fondate sulla commedia e
sull’intrattenimento leggero. In una favola, il
mondo possibile è
generalmente quello asserito, definito dall’autore, e
rappresenta non
uno stato di cose, ma una sequenza di stati di cose ordinata per
intervalli regolari, che si arricchisce con lo svolgimento della
narrazione e l’esplicitazione degli elementi diegetici del
mondo
descritto, mondo dotato di proprie regole che possono o meno
confliggere con la cosiddetta realtà. Il lettore della fiaba
effettua
una continua operazione di paragone tra il mondo della fabula e il
proprio, stabilendo un regime di riferimenti incrociati e comparativi
tra il possibile e il reale. Dall’incontro, o in alcuni casi,
dallo
scontro, nasce la funzione tipicamente didattica e didascalica
dell’immaginario della fabula, che intende definire una
rappresentazione simbolica e traslitterata della realtà allo
scopo di
palesare delle finalità ammonitive ed educative.
È principalmente
questa la ragione per la quale la favola è particolarmente
interiorizzata dal pubblico, abituato, già da bambino, a
relazionarsi
con un mondo immaginario, nel quale ciò che accade
è vincolato da un
preciso regime di causalità, dal quale è
generalmente possibile
estrarre la morale. Ed è per questo che la sequenza di
Morticia Addams
che racconta l’orribile fine della strega riesce a far
sorridere: è la
trasposizione di un’esperienza estremamente familiare per il
lettore,
che recupera dal proprio vissuto gli elementi necessari
affinché il
processo comico funzioni, completando in se stesso il processo
innescato dal film.
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