Geppetto
desidera un bambino normale, la famiglia Samsa non
accetta un figlio/fratello scarafaggio. Una diversa concezione
dell’aspetto normativo dell’esistenza conduce a due
diversi finali,
quello lieto nella favola di Pinocchio e la tragedia
dell’indifferenza
in Kafka. Ciò che appare particolarmente interessante e
rilevante per
il nostro ragionamento è la natura della metamorfosi
letteraria, cioè il fatto che ci troviamo di
fronte a metamorfosi ibride. Esse appaiono
descritte non secondo natura.
Infatti, quando un bruco diventa crisalide e poi farfalla, ci troviamo
di fronte ad un processo affascinante ma prevedibile. Cosa diversa
è
per un uomo che si ritrova scarafaggio o per un pezzo di legno, che,
divenuto burattino semovente, diviene bambino vero.
Ci troviamo
evidentemente di fronte ad un meccanismo, non solo letterario in senso
stretto, che lascia perplessi, in primo luogo i lettori.
L’ibridazione
della metamorfosi mette in moto meccanismi metatestuali e
metaletterari, proponendo al lettore una visione altra,
oserei
dire assurda e scarsamente prevedibile dei fatti narrati. Pinocchio non
esaudirebbe mai il volere della Fata Turchina, e magari la fiaba
andrebbe avanti all’infinito, se non sottomettendosi alle
regole.
Sembrerebbe poter commentare che, comunque si dia corso alla
metamorfosi, è la società ad essere, in ultima
analisi, il destinatario
ed il giudice di queste mutazioni, destinatario e destino
insieme. Quella
della metamorfosi appare, in questi esempi, sempre più la
metafora del
lungo percorso dell’individuo nella costruzione
della sua identità. La
metamorfosi appare così, e Pinocchio in
primis sembra
confermarlo in quanto letteratura destinata tradizionalmente
all’infanzia, la testimonianza che è sempre il
contesto sociale a
giudicare il risultato prodotto di qualsiasi affermazione
dell’essere
sociale. In questo senso la metamorfosi è anche la
metamorfosi di una
modernità in cui
“le
condizioni in cui opera [l’individuo] e le strategie formulate in
risposta a tali condizioni invecchiano rapidamente e diventano
obsolete prima che gli attori abbiano avuto una qualche
possibilità di
apprenderle correttamente”3. Il problema identitario e della sua
mutabilità, reversibilità,
centralità nel dibattito contemporaneo appare, non solo in
letteratura,
un tema centrale e di difficile soluzione. Sempre seguendo la tesi
sviluppata da Bauman “L’idea
di ‘identità’ è nata dalla
crisi dell’appartenenza e dallo
sforzo che essa ha innescato per colmare il divario tra
‘ciò che
dovrebbe essere’ e ‘ciò che
è’, ed elevare la realtà ai
parametri
fissati dall’idea, per rifare la realtà a
somiglianza dell’idea”4.
Nella modernità fluida
– per seguire in breve il
ragionamento del sociologo polacco – i riferimenti per la
costruzione
della nostra identità non sono stabili e noi li inseguiamo,
per
raggiungerli anche solo per un momento. Ma, una volta raggiunta, non
essendo conveniente e utile una sua fissità, ce ne
sbarazziamo il prima
possibile. L’individuo appare, così, impegnato in
una continua
metamorfosi, necessaria questa volta per non restare indietro in questa
corsa incessante. La storia del secolo scorso, con le sue grandi
tragedie, ha avuto bisogno di essere elaborata velocemente per poter
essere superata, rimossa. Il tempo ed il divenire allora
assumono
le fattezze dell’insetto vorace, che “divora
meccanicamente e
inesorabilmente ogni vita, compiendo la sua opera di
decomposizione”5.
La mosca, in questo senso, potrebbe configurarsi come metafora della
decomposizione di un presente o di un passato difficile da sostenere,
una sorta di rimozione naturale, biologica. Metafora del tempo, ma
anche dell’identità. Una sorta di spettatore,
apparentemente passivo ed
invasivo, che ha il compito di trasmutare, traghettare, favorire una
lunga e concatenata metamorfosi degli eventi delle
quotidianità. Nella
sua apparente fragilità, l’onnipresente mosca
è simbolo quindi di
cambiamento e continuità allo stesso tempo. La
mosca stessa potrebbe
essere anche emblema del tempo che tragicamente appare,
inspiegabilmente e definitivamente, come non più
reversibile. Questo
insetto garantirebbe, così, una continuità e
assurgerebbe a volano
filogenetico di una società non più pienamente
intelligibile dai
contemporanei. D’altronde, con il tramonto delle
norme che
regolavano l’individuo dall’esterno, si assiste ad
un mutamento di
fronte per il quale, ora, è egli stesso a dover
faticosamente e
continuamente ritrovare propri equilibri.
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