He’ll nightly walk
Hold her imagined hand
Anthony Barnett (after Olson) Poem About Music
“È semplicemente la registrazione nella
quale ho posto tutti i miei sogni musicali e i miei desideri
recenti”. Con queste parole pronunciate
all’intervistatore Antoni Krupa, della Polish Radio
Krakow, in occasione dell’intervista pubblicata
sulla quarta facciata del doppio disco live Kilimanjaro
(Poljazz PSJ-101 e PSJ-102), Zbigniew Seifert rivela quanto Man
of the Light (MPS 15489) sia un disco di assoluta
centralità nella sua produzione che, di
lì a poco, si sarebbe prematuramente interrotta a causa
della sua morte avvenuta il 15 febbraio 1979 per un cancro, quando
aveva soltanto 32 anni. Attraverso la lente fornita
dall’ascolto di questo lavoro, una lente che concentra come
luce la somma delle esperienze del violinista polacco, si ha un punto
di osservazione stimolante della poetica seifertiana.
Un’opportunità di riflessione su quale
eredità abbia lasciato il suo stile improvvisativo, ma anche
l’occasione per ricordare e mantenere vivo nella memoria
collettiva un musicista che, a quasi trent’anni dalla morte,
è ancora quasi sconosciuto; la cui memoria ha subito
l’ingiustizia della quasi totale cancellazione dei documenti
discografici lasciati, perché non ci fu per lunghissimo
tempo la volontà di ristampare i suoi dischi, divenuti
presto introvabili. Soltanto recentemente sono stati finalmente
ristampati su cd alcuni suoi lavori, un interesse prezioso –
anche se tardivo – che fa sperare che una pagina non
trascurabile della storia del jazz non si perda irrimediabilmente.
Se
Jean-Luc Ponty nella sua stagione al servizio del jazz, prima di
dedicarsi a musiche decisamente commerciali, fece intravedere tra le
corde del suo violino squarci del saxofonismo coltraniano, per Seifert
il sentiero che lo portò verso i climi espressivi del
Coltrane del periodo modale fu probabilmente la prima ragione della sua
arte: “Ammiro Coltrane e provo a suonare come lui farebbe se
il violino fosse il suo strumento” cita Joachim-Ernst Berendt
nelle note di copertina di Man of the Light.
Un
sentiero percorso con devozione e meticolosità, che si snoda
attraverso alcune tappe fondamentali per quel che riguarda
l’evoluzione della sua tecnica violinistica. La prima
esperienza fondante fu certamente il fatto riferito da Zbigniew stesso:
il primo disco di jazz che egli abbia mai posseduto fu Blue
Trane di Coltrane. Questo lasciò in lui
un’impronta indelebile che condizionò enormemente
il suo modo di concepire la musica improvvisata.
Ancora
studente liceale e ben incanalato nel percorso di studi violinistici
classici - ed è bene sottolineare la grandissima statura
delle scuole violinistiche dei paesi dell’Est europeo in
quegli anni - Seifert scopre il jazz casualmente, in una
città, Cracovia, che offre una serie di occasioni di ascolto
in quel periodo grazie a una buona scuola di musicisti locali.
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