Due sciamani e un’interfaccia gnostica di Gaia Carrino | ||
La
natura, per lo sciamanesimo, non è quindi come appare,
è dominata
da spiriti, il cui mondo è percepito quale dimensione tanto
reale,
unica ed assoluta quanto il nostro mondo profano di ogni giorno. Scopo
dello sciamano è quindi accedere ad essa attraverso la
manipolazione
della percezione. Allo stesso modo il tecnomisticismo davisiano ritiene
che il mondo sia interamente dominato dalle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione. Al mito della
macchina
7, nato a
seguito della rivoluzione industriale e del processo di
secolarizzazione, fondato sul valore dell’efficienza, del
controllo,
dello sviluppo tecnologico sfrenato, si sostituisce ciò che
Davis
definisce il “mito dell’informazione”,
dei cervelli elettronici, delle
previsioni computerizzate, delle biblioteche ipertestuali, di una
cultura planetaria che ci avvolge con le sue reti di telecomunicazione
globale. Davis definisce le tecnologie
dell’informazione e della
comunicazione ibridi tecnoculturali :da una parte sono creazioni
artificiali in quanto meccanismi materiali concepiti, costruiti ed
utilizzati a scopo di lucro; dall’altra sono animate da
qualcosa che
non ha nulla a che fare con la materia e la tecnica, trascendono il
loro status materiale poiché permettono la codifica e la
trasmissione
immateriale del pensiero e del significato. Le tecnologie, secondo il pensiero davisiano, nonostante siano gli strumenti più razionali costruiti dall’uomo, devono dividere la scena cosmica con ogni sorta di dei, stregoni e spiriti animisti, sono intrise di sacralizzazione, sono tecnologie del sacro. Il patrimonio mistico, diversamente da ciò che affermano gli storici ed i sociologi, non si è frantumato con l’avvento della società moderna, ma i vecchi fantasmi e desideri metafisici, in molti casi, si sono camuffati ed hanno proceduto sottoterra scavandosi la loro strada, come lombrichi, nei moventi culturali, psicologici e metodologici che stanno alla base del mondo moderno. Per molti un accostamento simile tra due scrittori apparentemente così diversi, potrebbe apparire avventato. È evidente che negli scritti di Castaneda non vi è traccia degli impulsi tecnomistici e del dominio dei robot e della cibernetica che dominano la realtà americana descritta da Davis. Allo stesso modo non è possibile negare che in Techgnosis è del tutto assente l’accurata e dettagliata descrizione, presente invece nei diversi scritti di Castaneda, dei rituali sciamanici e dei loro effetti sulle percezioni sensoriali e sulla nozione del tempo. Nonostante ciò, tali differenze risultano irrilevanti se ci si concentra sull’unica soluzione a cui lo sciamanesimo ed il tecnomisticismo attingono, sull’unica speranza di salvezza dell’anima a cui entrambi aspirano: la Gnosi, la poesia della conoscenza, l’eterna primavera mistica, la rosa della filosofia. Secondo gli uni e gli altri, raggiungerla non è semplice, infiniti sono gli ostacoli e le incertezze durante l’oscuro e incerto cammino. Don Juan ci mette in guardia: “Un uomo di sapere è colui che ha affrontato tutte le difficoltà che comporta la conoscenza: la paura, la chiarezza, il potere, la vecchiaia. Un uomo va alla conoscenza come va in battaglia, con gli occhi aperti, con paura, con rispetto, con assoluta fiducia… 8”. | ||
[1] [2] (3) | ||
8. Cfr.
Castaneda, cit., pagg. 113-119. |
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