Due sciamani e un’interfaccia gnostica di Gaia Carrino | ||
La polarità sottesa alle dinamiche del tecnomisticismo davisiano, così come anche a quelle dello sciamanesimo castanediano, è quindi una sorta di dualismo spirito(anima)/materia(corpo) in cui l’esperienza sensoriale raggiunge i massimi livelli; la conoscenza non è raggiungibile nel regno del male, non è presente nel nostro mondo materiale, ma s’innalza ad una dimensione suprema, verso un mondo non visibile all’occhio superficiale moderno imprigionato dalla materia/corpo: il mondo della “Gnosi”. L’aspirazione alla Gnosi nasce dalla consapevolezza della natura ingannatrice della realtà apparente. Negli Insegnamenti di Don Juan4, Don Juan Matus5, potente sciamano tolteco afferma: “Gli occhi di un uomo possono svolgere due funzioni: vedere l’energia e guardare le cose di questo mondo; guardare solo è una rinuncia disonorevole”. Lo sciamanesimo ed il tecnomisticismo mirano a dare una spiegazione, non sempre plausibile, alla questione ed all’interrogativo:il mondo che percepiamo è l’unico reale e possibile? La risposta è negativa per entrambi. Secondo lo sciamanesimo tolteco il mondo è il prodotto di un consenso sociale, di un trucco; è più complesso di quanto siamo disposti ad ammettere di solito. Risulta evidente che una simile constatazione non è chissà quanto lontana dagli studi sociologici. Il punto di vista dello sciamanesimo non fa altro che riprendere e confermare la visione di ciò che è definita “sociologia della conoscenza” ed in particolar modo quanto sostenuto dagli studi di Peter Berger e di Thomas Luckmann. Nell’opera La realtà come costruzione sociale 6 i due autori si occupano delle modalità con cui costruiamo la nostra conoscenza della realtà, intendendo per realtà tutti i fenomeni che consideriamo indipendenti dalla nostra volontà prescindendo dalla questione della validità o meno di questa conoscenza. La nostra coscienza, affermano, è sempre coscienza di qualcosa. Gli oggetti si presentano alla coscienza come appartenenti a diverse sfere di realtà. Tra queste sfere di realtà ve n’è una che ha un ruolo dominante: la realtà quotidiana, che la coscienza percepisce come una realtà ordinata, preesistente, intersoggettiva. Ciò deriva dal fatto che il processo di socializzazione, quando funziona, ci convince che le interpretazioni della realtà che noi condividiamo sono anche i suoi confini. Analogamente, ciò che noi chiamiamo normale percezione, è in realtà per lo sciamanesimo tolteco, solo frutto di una convenzione sociale, ovvero di una descrizione del tutto arbitraria che può essere smantellata da altre forme di percezione parimenti reali ed oggettive. | ||
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5. Vecchio
indiano Yaqui, studioso, uomo di conoscenza, incontrato da Castaneda nel 1960 in una stazione d’autobus della Greyhound, al confine tra l’Arizona ed il deserto di Sonora. | 6. Peter
L.Berger Thomas Luckmann, La
realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna, 1997. | |||||