Persepolis, storie di carta e di celluloide di Claudia Di Cresce | ||
È
una storia di vita e di crescita
personale, un
romanzo di
formazione intrecciato con gli avvenimenti storici degli anni Ottanta e
Novanta che trasformarono l’Iran, da monarchia, in una
repubblica
islamica guidata da fondamentalisti, attraverso una rivoluzione
politica e culturale che fece intravedere e sognare la
modernità
soltanto per un istante. La famiglia di Marjane (che
all’epoca aveva
dieci anni), laica e progressista, vive con partecipazione profonda gli
entusiasmi, le illusioni e poi le disillusioni di quegli anni.
L’ombra
nera della dittatura islamica e poi della guerra spinge i genitori di
Marjane, appassionati, colti e coraggiosi, a spedire una ragazzina di
soli quattordici anni a studiare in Europa, a Vienna, per garantirle la
libertà e una vera istruzione. Sola, con i fantasmi dei parenti e degli amici morti per la libertà, con il riverbero mai spento dell’urlo lontano del proprio paese, Marjane trascorre l’adolescenza in Europa senza riuscire mai ad integrarsi davvero, combattendo con il peso delle proprie radici e con i sensi di colpa che questo peso porta con sé, sempre irrimediabilmente straniera e “diversa”, e in più adolescente: arrabbiata, insicura, come tutti sola e tradita dall’amore. Ma Marjane resterà una straniera anche dopo il ritorno in patria: ritroverà un Iran inerme, imbavagliato e arreso, che vive di divieti e paura: dopo avere tentato una nuova paradossale integrazione, questa volta nella propria patria, capirà che ci sono conflitti che non si possono ricomporre, e partirà di nuovo, questa volta per sempre. Persepolis è prima la storia di un’infanzia, poi di un’adolescenza. È la storia di una donna che cresce, ma è anche, appunto, la storia di una donna. È naturale che il punto di vista delle donne sia la particolare angolatura dalla quale Marjane ci fa guardare alla cultura iraniana, com’era e com’è diventata. |
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