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conversazioni ]
Giuseppe Palumbo, “La mia storia migliore? Quella che non ho ancora disegnato” di Carmine Treanni |
Quali sono stati i tuoi
riferimenti
quando hai cominciato a disegnare? La mia formazione come disegnatore, come ti ho già accennato prima, si è plasmata con Frigidaire, i supereroi, a cui aggiungerei Magnus e il fumetto argentino. Un magma autoriale che è abbastanza evidente nelle cose che faccio. “Frigidaire” è stata per la storia del fumetto italiano una grande casa creativa: quali tracce ha lasciato in te, come artista, e nell’attuale mercato del fumetto italiano? Per me Frigidaire è stata la possibilità, la voglia, la determinazione di fare fumetti. Ero partito con studi completamente diversi e la mia vita andava in tutt’altra direzione. I fumetti erano una passione da lettore e da appassionato disegnatore. Frigidaire ha incarnato l’idea che poteva essere fatto un nuovo tipo di fumetto: più critico, più intelligente, più spettacolare nei disegni e nei testi. Leggere le opere di Filippo Scòzzari, di Andrea Pazienza o di Stefano Tamburini fu una scossa, per me e credo anche per i lettori dell’epoca. Per me è stato tutto, dal punto di vista creativo. Per il fumetto italiano, alla fin fine, penso sia stato lo stesso. Se non ci fosse stato questo “virus” creativo, oggi forse non ci sarebbero piccoli editori che hanno fatto della creatività - non sterile, non puramente scapista, non stupida e ottusa - la loro bandiera, presentando opere coraggiose. Se il fumetto, oggi, può parlare della realtà, in termini narrativamente consapevoli e graficamente adulti, lo deve proprio a Frigidaire. Non so se gli autori di oggi sono consapevoli di questa genesi, ma non c’è dubbio che “Frigidaire” ha lasciato un segno importante nel fumetto italiano. Una delle tue più belle storie, a mio parere, è Miracoli, che hai pubblicato su Cyborg con i testi di Massimo Semerano. Se dovessi sintetizzare in tre storie il cyberpunk a fumetti, sicuramente inserirei Miracoli… Miracoli è sicuramente stata importante, perché è stata la prima storia in bianco e nero che aveva un respiro narrativo più lungo. Credo di aver fatto una storia abbastanza spettacolare, anche, se vuoi, inutilmente spettacolare, perché il formato della rivista non consentiva tutta questa spettacolarità. Ho imparato, comunque, a gestire la spettacolarità nel disegno. Chi avrà la fortuna di vedere, in qualche mostra, le tavole originali, capirà il senso di ciò che sto dicendo. | ||||||
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