Lo
straniero che abita la nostra realtà
di Enrica
La Palombara
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A
lbert Camus anticipa in modo esemplare le storie, i
personaggi e le realtà dei nostri giorni. Pur avendole
pubblicate in gran parte negli anni Quaranta, nelle sue opere spesso
è possibile vedervi descritta proprio la realtà e
la vita che viviamo tutti i giorni – quella vita
incomprensibile e priva di significato che “quando se ne
prende coscienza si può vivere solo come stranieri, estranei
all’esistenza”1. Un’anticipazione
particolarmente evidente in Lo straniero2. Tramite
le vicende e il destino del protagonista, Meursault, impiegato dedito
al lavoro che vive nella città di Algeri, scopriamo passo
passo proprio le caratteristiche dell’uomo moderno.
“Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so” queste le parole di apertura del libro, le parole che immediatamente accennano al contenuto del libro e alla descrizione del protagonista. Meursault si dimostra essere un uomo molto distaccato dalla realtà che lo circonda e dagli eventi che accadono nel suo quotidiano. Il “non so” è emblematico per descrivere la sua personalità. Meursault sembra essere sempre disinteressato alle vicende che, invece, potrebbero sorprenderlo. Egli affronta la vicenda della morte in modo singolare: si dimostra distaccato, non interessato a conoscere neanche il giorno della morte della madre, non interessato a capire come mai gli altri anziani presenti nell’ospizio siano così commossi per la scomparsa di quella donna, sua madre. Non vuole vedere la bara aperta. È facile capire che lo fa non perché è troppo toccato da una possibile visione del cadavere della madre, bensì per paura di guardare in faccia, con i propri occhi, la morte stessa, la fine dell’esistenza in questa realtà. Meursault segue il carro funebre nella distesa verde, tra le colline della periferia di Algeri. I suoi sentimenti o le sue sensazioni interiori non sono mai descritte, non si mostrano mai al lettore. Le uniche caratteristiche sempre in primo piano, nelle sue descrizioni, sono quelle fisiche, che raccontano i paesaggi, il clima, i volti e le espressioni degli altri personaggi, mai le sue. Tutto ciò che è all’esterno è visto e descritto dal suo punto di vista, ma non ci sono commenti, giudizi; è come se il protagonista non avesse una propria opinione. È come se Meursault subisse la sua condizione di alienazione e di impotenza di fronte al vortice di quella realtà che gli si impone continuamente. Forse è per questo che si arrende alla semplice descrizione degli aspetti fisici, dell’unica parte della sua realtà più resistente al mutare, più statica e meno in cambiamento. Meursault fa esperienza della sua vita, della sua routine e delle sue esperienze reali come fossero effetti di una realtà impossibile, assurda, che non gli appartiene. Egli, invece, vive nella sua realtà, quella che si è creato, nel mondo in cui niente ha bisogno di una spiegazione e nel quale può vivere e agire senza preoccuparsi di dover rispondere alle aspettative delle persone che coinvolge nella sua vita. È questo il caso della sua relazione con una donna, Maria, che lo ama e che vorrebbe tanto sposarlo. Meursault ne delude le aspettative, spiegandole di essere convinto del fatto che la parola amore e l’atto del matrimonio non significhino nulla, ma le rivela che avrebbero potuto sposarsi se a lei “avesse fatto piacere”. | ||
| versione per la stampa | | (1) [2] [3] |
1. Albert Camus,
Il mito di Sisifo, Bompiani, Milano, 1996. |
2. Albert Camus,
Lo straniero, Bompiani, Milano, 2006. |
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