Lo straniero che abita la nostra realtà di Enrica
La Palombara
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È evidente il disinteresse e la profonda superficialità con cui il protagonista tratta i sentimenti degli altri. In questo suo atteggiamento, Meursault personifica magnificamente il pensiero di Camus riguardo la realtà: “questa non ha un senso proprio, gli eventi accadono, avvengono senza che il pensiero possa cogliere motivi e significati plausibili ed è così che l’uomo si trova ad essere straniero nel mondo”3. L’uomo moderno non riesce a trovare spiegazioni per la realtà e spesso si rifugia in un mondo proprio, dove tutto funziona secondo le regole del gioco stabilite da egli stesso. Nella visione di Meursault, si può anche uccidere senza sapere dire il perché lo si è fatto. Questo è ciò che accade nel momento in cui il protagonista uccide un uomo. Dopo una lite avuta con il gruppo di arabi che minacciavano Raimondo, un nuovo amico di Meursault, il protagonista si ritrova faccia a faccia con uno degli arabi, presso una fonte sulla spiaggia. Questi non accenna a voler attaccare, ma Meursault stordito dal troppo caldo, dal sole che batte incessantemente sulla sua pelle, spara un colpo, poi un altro e un altro ancora. In queste pagine, Camus, non lascia capire cosa abbia spinto il protagonista a compiere un gesto del genere, non lascia spazio alle motivazioni di tale personaggio. Forse la verità è che non esistono. La scena seguente si svolge direttamente nel carcere dove Meursault è rinchiuso. Il protagonista, anche nella situazione in cui è da solo in cella, con i suoi pensieri, non li racconta. Descrive la sua cella e l’abbigliamento dell’avvocato che arriva per consultarlo. Quando questi gli rivela che la sua continua indifferenza mostrata in più situazioni, a partire dalla morte della madre all’ipotesi del matrimonio con Maria e all’uccisione di un uomo, potranno essere incentivi a favore dell’accusa, Meursault continua a mostrarsi molto sereno, non bada neanche alle parole dell’avvocato, non gli interessano. Egli continua a vivere in modo distaccato anche il suo processo, è lo spettatore della sua stessa vita. In aula è forse più interessato a scrutare i volti dei giornalisti presenti, pronti a prendere nota sullo svolgimento del processo, per arricchire i loro pezzi sulla faccenda da prima pagina. È addirittura accusato dal Pubblico Ministero di essere “vuoto nell’anima”, ma egli non si scompone, non ha modo di intervenire in prima persona perché la parola è concessa solo all’avvocato. Pur avendone l’occasione, non sa neanche come potersi difendere, anche perché egli ha una sua motivazione, il problema è che non potrà mai essere accettata in sede di processo. Meursault non ha bisogno di giustificarsi con se stesso, ma se deve trovare una causa al suo gesto, la rintraccia nel caldo! Il racconto termina con l’accusa a carico di Meursault e la sua condanna a morte in una piazza pubblica, in nome del popolo francese. Prima di andare sul patibolo gli viene offerta la possibilità di confessarsi, di redimere i suoi peccati davanti alla potenza di Dio, ma Meursault non ha alcuna intenzione di ascoltare il prete che si reca nella sua cella. | ||
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