Winston Smith e Guy Montag, eroi nei regni della distopia
di Simona Vitale
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inston Smith e Guy Montag, rispettivamente i protagonisti dei due romanzi (poi opere cinematografiche) 19841 e Fahrenheit 4512,
all’apparenza non hanno molto in comune (gracile e malaticcio il primo,
piacente e benestante il secondo), ma la loro storia è un analogo
tentativo di riscatto e di riappropriazione della propria individualità.
Nella pellicola di Richard Radford, il Winston orwelliano ci appare come uomo ossuto, provato da una vita di sottrazione del piacere e del comfort della modernità. Truffaut invece rappresenta il Montag di Bradbury come un bell’uomo, immerso negli agi di un futuro prossimo, poco avvezzo alla sensazione di privazione e di dolore. Del resto Montag ha una bella casa mentre Winston vive in un appartamento fatiscente; Montag ha una moglie seducente, Winston non ha neppure un’ombra di famiglia; Montag svolge un lavoro che lo rende fiero e temuto socialmente, Winston è addetto ad un’attività inutile e ripetitiva. Eppure gli scenari sociali in cui sono calati i protagonisti delle due opere sono solo apparentemente diversi tra loro. Nell’universo di Fahrenheit 451 si respira un clima di libertà fittizia, e sebbene i cittadini non siano costretti a fare i conti con uno stato impoverito a causa della guerra (come in 1984), il libero arbitrio è pesantemente messo in crisi da un sistema sociale che bandisce la possibilità di accumulare conoscenza scritta e di tramandarla. Un’analoga lotta alla conoscenza viene perpetuata in 1984 in cui, seppur la parola scritta non sia vietata, il linguaggio rischia l’impoverimento a causa della neolingua, una versione semplificata e povera della lingua tradizionale, continuamente aggiornata e costretta a perdere via via sempre più parole dal proprio vocabolario. | ||
| versione per la stampa | | (1) [2] |
1. George Orwell, 1984 , Mondadori, Milano 2002
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2. Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Mondadori, Milano, 2000
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