Aprile, un mese lungo il sogno di Nanni di Luca Bifulco
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La condizione di Nanni ci fa pensare ad alcune celebri
riflessioni
sociologiche. Oggi a molti sembra che ognuno sia spinto, anche
istituzionalmente, a costruirsi da sé la propria biografia.
In un
periodo in cui ogni individuo pare chiamato a contare soprattutto sulle
proprie forze, a forgiare da solo i propri percorsi, a
“vivere la
propria vita”, ecco che la nostra diviene una sorta di
“vita
sperimentale6”:
ci sono tante ricette, opinioni di esperti, idee,
contributi a cui dar retta per plasmare riflessivamente la propria
esistenza. E si va per tentativi.
Ma ognuno deve puntare all’autorealizzazione, all’accrescimento dell’autostima, ad una jouissance privata ininterrotta. Essere felici è quasi un dovere ormai, e spesso sono davvero forti le spinte a conquistare privatamente tale condizione. Nanni, però, che in alcuni casi sembrerà anche infantile e deresponsabilizzato7, è forse, invece, più un indicatore ironico di alcune criticità odierne. Non è il semplice narcisista apatico che diserta i valori, che pone l’Io al centro fregandosene della dissoluzione delle “grandi finalità”, in ossequio a quella “strategia del vuoto” che Gilles Lipovetsky considera la cifra della contemporaneità8. L’individualismo di Nanni a volte pare forse voler ricalcare quello responsabile, che dà un significato attivo alla propria vita nell’accettazione delle conseguenze delle proprie azioni e, si spera, nel riconoscimento di obblighi reciproci9 – un timido segnale di apertura alla sfera pubblica? Per questo Nanni si reca all’Hyde Park, come tutti i matti che lì vi urlano il proprio credo, per leggere ai passanti le lettere della sua vita scritte ma mai spedite – come una del ’93 ai funzionari del PDS coinvolti in Tangentopoli, per chiedergli di abbandonare il partito. Anche lui grida e si spiega come un folle, ma appare piuttosto come quel folle erasmiano che ricerca la verità più profonda, scopre il mendicante sotto le vesti del re, toglie le maschere agli attori per scoprire la realtà della commedia della vita. Egli sembra scoraggiato, forse poiché “mancando la fiducia nella finalità e nel destino collettivo della società intera, spetta agli individui, ciascuno a modo proprio, attribuire significato agli obiettivi della vita10”. Si pensi alla celebre idea dell’incredulità postmoderna per le cosiddette metanarrazioni11. Se i meccanismi di percezione di un orientamento collettivo al futuro si dissolvono, senza trovare dei buoni sostituti che indichino un percorso condiviso e sensato, ecco che forse lo smarrimento del loro ideale potenziale di salvezza, laicamente escatologico12, può avere un portato disagevole. Il privato può allora divenire un surrogato salvifico. Si evidenzia ancora un distacco di tipo temporale. Il tempo ideologico è un tempo sociale, che orienta l’azione collettiva tra passato, presente e futuro13. Se il nostro mondo vive una fine della storia, perché nella frammentazione dilagante non esistono più sistemi di pensiero in grado di dare senso unitario al divenire collettivo indicandone una direzione, allora non è Nanni ad essere tagliato fuori dalla storia, ma è quest’ultima che appare vana dalla prospettiva dell’individuo. Perciò, privato di un telos collettivo, egli si sente costretto a chiudersi nell’intimità, dove la biografia sensata sostituisce la storia. E può dedicarsi finalmente al suo musical: nell’URSS staliniana degli anni Cinquanta, un emarginato pasticciere trotzkista ritrova se stesso solo all’interno della sua pasticceria e, nella sua dolce intimità, felicemente balla. |
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[1] [2] (3) | ||
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6. U. Beck,
“Vivere la propria vita in un mondo frenetico:
individualizzazione, globalizzazione e politica”,
in W. Hutton, A. Giddens (a cura di), Sull’orlo di una crisi. Vivere nel capitalismo globale, Asterios, Trieste 2005, p. 140. 7. Sul tema dell’infantilismo contemporaneo cfr. P. Bruckner, La tentazione dell’innocenza, Ipermedium libri, Napoli 2001. |
8. G. Lipovetsky,
L’era del vuoto. Saggi sull’individualismo contemporaneo, Luni Editrice, Milano 1995. 9. Cfr. A. Giddens, La terza via. Manifesto per la rifondazione della socialdemocrazia, Il Saggiatore, Milano 2001, pp. 46-49. |
10. Z. Bauman, La
solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano 2000,
p. 75.
11. Cfr. J.-F. Lyotard, La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano 2001. |
12. Sulla dimensione escatologica
delle filosofie della storia, cfr. K. Löwith, significato
e fine della storia.
I presupposti teologici della filosofia della storia, Il Saggiatore, Milano 2004. 13. Cfr. C. Mongardini, I confini della cultura tardomoderna, Franco Angeli, Milano 1998, pp. 43-52. |
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