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C’è una propensione egemonica, oggi, e parossistica, verso
una trasparenza totale delle cose: dall’affettività, alla politica, al sesso,
al sociale, al naturale, al collettivo, all’individuale – qualsiasi cosa
vogliano dire.
È come se si fosse realizzata, ma al ribasso, la profezia
di Norbert Wiener, il fondatore della cibernetica, a proposito della “casa di
vetro” in cui si sarebbe trasformato il mondo grazie allo sviluppo delle
comunicazioni: tutto è scannerizzato, monitorato, esplorato, zoomato, penetrato
– per poi essere codificato, catalogato, equalizzato – per realizzare una completa mappatura del reale.
In questo movimento è coinvolto tutto: i comportamenti,
gli atteggiamenti, i punti di vista, i valori – le merci, naturalmente.
E questo avviene attraverso la concessione, il dono, si potrebbe dire, all’entità che
ha sostituito quella che una volta chiamavamo massa, della stessa pretesa di controllo e conoscenza.
Come se, interiorizzando questa propensione, la massa (il
pubblico, i consumatori, gli utenti, o che dir si voglia) finisse per
accettarla come unica forma possibile di azione sociale, di esistenza, di
presenza, di rapporto col mondo – basta che non si tocchi il potere…
Come? Attraverso la condivisione, la distribuzione delle
informazioni e della comunicazione, della loro ri-producibilità diffusa. Grazie
alla disponibilità per chiunque degli strumenti minimi della registrazione e
del broadcasting: una videocamera – o un videofonino, una webcam – il web,
canali come YouTube.
Un attributo fondativo del mercantilismo e della
modernità: il controllo – sulla
natura, quindi sulla produzione, sulle merci, sui prezzi, sugli uomini; che
nella tarda modernità cambia veste e si adegua alle nuove necessità di
cooptazione e condivisione.
O almeno, questa è l’impressione. E poi, quale reale? Perché, a pensarci bene,
forse quello che vediamo, che percepiamo, che conosciamo, che riteniamo di
sapere, è solo una simulazione. È il risultato del “delitto perfetto” che
secondo Jean Baudrillard la televisione ha compiuto ai danni della realtà
(Baudrillard, 1996).
E di cui fatichiamo ad accorgerci perché, abbagliati da media che riteniamo più “nuovi”, più
“attuali” – internet, il tele(video)fonino – dimentichiamo la TV, e la funzione
fondamentale che ha svolto nella costruzione collettiva di questa realtà.
Intanto, adattandoci ad una “comunicazione per flusso” che
ha reso indifferenziati tutti i messaggi, i discorsi, i linguaggi.
Poi, annullando la “distanza critica” che rende possibile
la riflessione del soggetto sull’oggetto (Jameson, 2007, pag. 85).
Abituandoci quindi all’immersione totale nella
comunicazione mediale – di cui noi stessi diventiamo parte. Mentre, in
contemporanea, avanza la copertura totale – globale – degli strumenti di
registrazione e riproduzione.
E, a monte di questa, l’utopia del Panoptikon di Jeremy Bentham, e quindi del controllo totale – alla
fin fine – delle anime.
Da allora la ricerca del controllo, della pianificazione, della
programmazione ha elaborato e sperimentato tecnologie sempre più raffinate,
efficienti, efficaci.
Quelle sul controllo della natura, certo, ma anche degli
uomini. Quindi, lo sviluppo di tecnologie per creare da una parte, un “mondo a
misura d’uomo” (Hughes, 2006); dall’altra, un uomo a misura di mercato.
Quindi, per questa seconda opzione, tecnologie dedicate
alla comunicazione e all’informazione, alla socializzazione,
insomma.
E lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione risulta
perfetto, per questo scopo.
Chiariamo subito: i media sono una tecnologia, e per
questo neutra, di per sé. Sono lo strumento più potente di creazione e
diffusione dell’immaginario e dell’informazione – e sono, oggi, il canale di
socializzazione, quindi di controllo, più poderoso che c’è.
Se guardiamo alla storia dei media, possiamo individuare
tre, forse quattro passaggi fondamentali: la nascita del cinema, quella della
tv di stato, quella delle tv commerciali, quella dell’informatica di largo consumo e di internet – e quindi della post
televisione.
Tralasciando il cinema, che rappresenta sì lo strumento
primario e necessario di costituzione dell’immaginario collettivo – la base
mitopoietica e produttiva su cui tutti i media successivi si innesteranno: la
vera teoria della modernità, per dirla
con Sergio Brancato (2003) – il medium di riferimento per procedere in
quest’analisi è la televisione.
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