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Méliès, dunque, si adeguò a quella che era la
tendenza del momento: riprodurre la vita quotidiana oppure rievocare
avvenimenti storici o ispirati alla cronaca. Nel solo 1896 realizza dunque una
serie di brevissimi documentari sulla falsariga di altri cineasti. È questa
quella che è stata definita la prima della carriera del regista francese,
quella dedicata in pratica alla sperimentazione sia dal punto di vista del
“linguaggio” del nuovo mezzo, sia dal punto di vista tecnologico. Pian piano al teatro Robert-Houdin, Méliès sostituisce
gli spettacoli teatrali con la proiezione di film di cui si improvvisa
produttore, scenarista, scenografo, regista e attore. Intuite le potenzialità del nuovo mezzo, Méliès costituisce,
nel 1897 a Parigi, un laboratorio di sviluppo e nella proprietà di famiglia, a
Montreuil-sous-Bois, uno studio, con annesso teatro di posa, il primo al mondo.
È in questo periodo che il regista francese gira gran parte della sua
produzione filmica e inventa quel cinema fantastico di cui sarà il padre
fondatore. Il successo fu travolgente, la gente sembrava gradire le
fantasmagoriche pellicole di Méliès, tanto da
indurlo a creare anche una casa di produzione, la Star Film[5].
2. Il cinema secondo Méliès La cifra stilistica di Méliès si può
sintetizzare in due peculiarità: da un lato la sua scelta di non girare film
“realistici”, ma a sfondo fantastico, scelta molto gradita dal pubblico
dell’epoca; dall’altro lato di aver inserito nelle sue pellicole quei trucchi
che aveva appreso durante il suo soggiorno londinese, indicando quindi una via
maestra a quanti volevano cimentarsi con il cinema. Al mondo fantastico che Méliès si
apprestava a creare con il suo personalissimo modo di fare cinema, si deve la
cognizione nuova del cinema: creare storie espressamente per il cinema, non
lasciarsi tentare dalla lusinga della realtà circostante, andare oltre tentando
di ricreare mondi e storie appartenenti all’immaginazione, più che alla vita
quotidiana. Questa scelta era accompagnata dall’uso massiccio di
trucchi e quelli che, oggi, chiameremmo “effetti speciali”. Come nota Francesco Casetti: “Da un lato questi
trucchi portano ancor più allo scoperto lo sfondo magico su cui già la
fotografia e il ‘cinematografo’ operavano: in particolare consentono di
recuperare, oltre al fascino del riflesso e del doppio, anche il senso della
metamorfosi, legato alla mutevolezza che assumono personaggi e cose. Dall’altro
lato questi trucchi caricano di nuove proprietà il mondo rappresentato: proprio
a causa della cangianza degli esseri, l’universo sullo schermo acquista
fluidità, si apre al divenire, conosce l’imbricarsi e il moltiplicarsi dei
tempi, vede suddividersi gli spazi”[6]. In certi casi, l’uso di un trucco era frutto anche
di un evento casuale. “Proiettando un film che aveva girato in Place de
l’Opéra, Mélies ebbe la sorpresa di vedere un omnibus Madaleine-Bastille
trasformarsi improvvisamente in carro funebre. Gli bastò riflettere un po’ per
avere la spiegazione di questa strana metamorfosi: la pellicola si era
inceppata per qualche istante, quindi aveva ripreso a girare regolarmente.
Questo banale incidente durante la ripresa non aveva però di certo fermato il
flusso della circolazione del traffico di Parigi. Infatti, dopo questo
momentaneo arresto della pellicola, il carro funebre era venuto a trovarsi al
posto dell’omnibus. L’incidente fu per Mélies una vera ‘mela di Newton’. Questo
specialista di trucchi sul palcoscenico divenne presto uno specialista di
trucchi sullo schermo” [7].
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