|
|
Quella scritta fin qui potrebbe essere l’inizio di una metasceneggiatura
più che plausibile, riferita a un intero settore dell’immaginario collettivo
contemporaneo – e forse ai sogni meno confessabili dei nostri difensori dei
valori occidentali, della sacralità della vita, e via proseguendo...
Per certi versi echeggerebbe il mito del campione eterno che anima i romanzi di Michael Moorcock, da Elric di Melniboné a Corum,[8]
con cui popola il suo multiverso. Cambiato però di
segno: eroi in negativo, i nostri, dal Terminator all’Inquisitore. Indice ulteriore dei legami che intrattengono i
protagonisti delle storie che popolano l’immaginario collettivo. Della loro
sostanziale serialità:
di quell’intreccio di innovazione e consuetudine alla
base di tutta la cultura di massa.[9]
Anche quando i nostri eroi sono protagonisti di un’unica narrazione, come Rick Deckard e Roy Batty in Blade Runner. Perché c’è sempre qualcosa che
li accomuna. Diverso è però, forse, il caso di Eymerich,
che in tutto il ciclo rimane fedele a se stesso. Eymerich
è davvero spietato. È quindi davvero
unico. Anche gli altri personaggi di Evangelisti, come Pantera,[10]
ad esempio (in qualche oscura maniera anche lui connesso all’Inquisitore), mostrano
umanità, pietas: sono umani. Eymerich no. Alle sue spalle appare un immaginario particolare, forse
unico, forse il solo esempio – come Ranxerox (altro
androide) nel fumetto[11]
– di internazionalizzazione della serialità italiana,
nel senso di una sua sostanziale autonomia e originalità. Dietro l’Inquisitore di Evangelisti compare Diabolik, dietro Pantera compaiono Tex
Willer e i personaggi dei western di Sergio Leone.
Sullo sfondo, anche lo stile di Emilio Salgari. Tranne Tex e i suoi pards, tutti personaggi
cinici e amorali, privi di scrupoli e dubbi. Estranei alle regole dell’eroismo
della cultura di massa. Forse, negli accenti gotici dei romanzi di Evangelisti
possono esserci il Monaco di Lewis,[12]
o l’Errante di Maturin,[13]
naturalmente a moralità invertita. Nessun commercio col diavolo per Eymerich, al massimo con le tecnologie di un futuro
lontanissimo, in difesa dell’integralismo dei teocon da circo di casa nostra. E lo si percepisce anche dai luoghi delle sue imprese, dei suoi interventi (chirurgici?):
caverne, fiumi sotterranei, castelli (come nelle avventure più “esoteriche” di Tex), campagne e città infestate da morbi innominabili e soprannaturali. Merito indiscutibile e profondo di Valerio Evangelisti,
cronista metaforico – e anche profetico – della nostra epoca, capace di
rimanere del tutto estraneo e distante dal suo personaggio e dal fuoco
distruttore della missione che gli è stata assegnata. Missione attualissima, per i molti sedicenti salvatori del
mondo di oggi, contro cui Evangelisti ci mette per vie indirette in guardia.
[8] M. Moorcock, La saga di Elric, Nord, Milano, dal 1978; La saga di Corum, Delta, Milano, dal 1971.
[9] È scontato qui il riferimento a U. Eco, Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano, 1963, e a A. Abruzzese (a cura di), Ai confini della serialità, SEN, Napoli, 1984
[10] V. Evangelisti, Metallo urlante, Einaudi, Torino, 1998; Black Flag, Einaudi, Torino, 2002.
[11] T. Liberatore, S. Tamburini, Ranxerox, Il Male.
[12] M. G. Lewis, Il Monaco, Bompiani, Milano, 1967.
[13] C. R. Maturin,
Melmoth, l’errante, Bompiani, Milano, 1968.
|
|