In indubbia sintonia con il tempo veloce, anche se da un punto di
vista più lineare, gli scritti raccolti da Umberto Eco nel suo ultimo volume, valgono
a ulteriore dimostrazione di come la tarda modernità finalmente cominci a
riflettere sui tempi che la hanno introdotta e prodotta. Anzi, il grande merito
del semiologo italiano è stato quello di rifletterci
per così dire in corso d’opera,
mentre gli eventi accadevano – per poi riunirli in volume e mostrarci come questa epoca possa già ampiamente
ragionare su se stessa, superando quella difficoltà intrinseca nella distanza
che si crea sempre tra l’evento e l’esperienza (e quindi l’analisi) dell’evento
stesso.
Eco sostiene che la storia appare
tornare indietro – e in questo si colloca, seppur in maniera più colloquiale,
nella stessa direzione del Baudrillard di L’illusione
della fine – come ci mostra il ritorno di servitori di colore nelle nostre
case, il rilancio delle crociate, il
ritorno a carte geografiche simili a quelle del 1914.
Quello che emerge, dallo sguardo
di un osservatore acuto e in diretta,
è un mondo che rischia di avvitarsi su se stesso, costretto a riprodursi quasi
per clonazione, con le sue disparità e differenze, malamente nascoste sotto una
patina di splendore e benessere – come se non fossimo, tutti, testimoni quotidiani del degrado della vita quotidiana e
dell’abdicazione all’intelligenza.
Ma fa anche di più: ci illustra –
raccogliendo insieme scritti apparsi in successione nell’arco di circa cinque
anni – come il disegno per la definizione di una Realtà Integrale (quella di cui parla Baudrillard) su scala
mondiale si sia riproposto nel nostro paese su un piano per così dire provinciale, attraverso il tentativo di
instaurazione di una vera e propria dittatura
mediatica. Un'altra approssimazione allo scenario
di L’uomo in fuga.
Eco, dopo aver citato Conan Doyle a proposito della
guerra in Afghanistan (con un omaggio alla capacità della cultura di massa di
rappresentare il mondo), non può evitare di richiamare il “Grande Gioco”, il
gioco delle spie: definitiva affermazione del raddoppiamento delle cose: una
realtà dichiarata, esposta al consumo di tutti, una realtà nascosta,
sotterranea, quella delle grandi manovre internazionali, quella del Potere e
della guerra, come in Lord of the War. Il
richiamo – seppur episodico – ad uno dei fondatori immaginari della moderna
indagine poliziesca, Sherlock Holmes,
ci dice ancora di più: Conan Doyle,
con Edgar Allan Poe uno dei
fondatori della narrativa seriale, prefigura, la capacità della tecnologia di radicalizzare la ricerca sulla gestione dell’informazione.