Il patto di lucidità o l’intelligenza del Male

Jean Baudrillard

Raffaello Cortina Editore

pagg. 186

€ 19.00

 





 
Il Patto di lucidità o l'intelligenza del Male
di
Jean Baudrillard


È ormai antica la consuetudine di Jean Baudrillard  con la science fiction, e con la sua abilità dalla impostazione della sua ricerca, ormai trentennale, a cavallo fra filosofia e sociologia, e alla sua predilezione per l’Apocalisse e i suoi esegeti, prima di tutto Nietzsche, ma anche Canetti, Bataille, Debord, e per altri versi Foucault.

Continuando il lavoro cominciato con Lo scambio simbolico e la morte, Le strategie fatali, L’illusione della fine e Il delitto perfetto,[1] Baudrillard ci propone il passo successivo della sua riflessione, quasi in tempo reale (e mi perdonerà l’uso di questo termine, su cui discute nel suo saggio) con i mutamenti che si sforza di rilevare e spiegare.

Al centro di Il patto di lucidità è il concetto di realtà integrale, in effetti di ciò che rimane della realtà dopo la sua sparizione, dopo la sua totale assimilazione da parte del virtuale – e della capacità del Potere di imporre la sua realtà, totalmente sterilizzata e sostituita, quasi come la città del romanzo di Dick, e quella di L’uomo in fuga di King.[2] Ma questa volta su scala planetaria.

E per spiegare bene il concetto, dopo molte pagine come sempre allusive e metaforiche, ricorre a due esempi di indiscussa forza prima di tutto mediale: l’11 settembre 2001 e il film Minority Report,[3] tratto – è inutile ricordarlo – da un racconto di Philip Dick.

Dell’attentato alle Twin Towers il sociologo francese – l’unico che riesce a parlarne senza paura, ma contemporaneamente senza cinismo – ricorda due in particolare fra le tante vicende umane ad esso connesse: quella del “… tecnocrate di bronzo… seppellito sotto la polvere delle torri crollate, come uno dei corpi ritrovati nelle rovine di Pompei.” (pag. 99) E quello ancor più significativo dell’artista che mentre lavorava ad una scultura/autoritratto del suo proprio corpo trafitto da aerei, perisce nell’attentato. Il burocrate che è subito archeologia, l’artista che diventa profeta del suo destino – ancora in tempo reale. Estremo cortocircuito della storia.

Ma è con il riferimento al film di Spielberg che Baudrillard svela il suo gioco: la possibilità sceneggiata nel film di conoscere in anticipo l’eventualità del delitto, e poterlo perciò prevenire mette sotto scacco il crimine stesso, ma anche la nostra possibilità di sapere se sarebbe mai avvenuto. Lo stesso che è successo in Iraq, e che il Potere globale vorrebbe rendere modello per il futuro.

[1] 1979 e 1984 per Feltrinelli, 1993 per Anabasi, 1996 per Cortina.

[2] P. K. Dick, La città sostituita, Fanucci, Roma, 2006; S. King, L’uomo in fuga, Sperling & Kupfer, Milano, 1997.

[3] S. Spielberg, Minority Report, USA, 2002.




 

Recensione di Adolfo Fattori