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Robby, inoltre, prefigura una società
dei consumi molto più avanzata, quella attuale, dove la componente di servizio,
il piatto pronto, la sollecitudine dell’addetto, la competenza, la
personalizzazione dell’offerta, la ristorazione o, per riassumere, i plus
aggiuntivi che oltrepassano le caratteristiche materiali del prodotto offerto,
la fanno da padrone. L’immaginario del consumatore non è mai andato molto oltre
Robby, quello delle imprese sì, azionato dalla logica
della competizione (capitalistica, ma forse è pleonastico sottolinearlo),
vendendo l’immateriale. Di pari passo sono evoluti i mezzi per convalidare il
lancio di un prodotto e di reiterare il mito di una marca, diventando
altrettanto sofisticati. L’eroina di Gibson (sempre L’accademia dei sogni), Cayce Pollard è esemplare in tal
senso. Cayce di mestiere caccia tendenze, possiede un
fiuto speciale, innato, per ciò che funzionerà o meno sul mercato. Si guadagna
da vivere (bene) annusando trend.
Viene ingaggiata in vista di nuovi lanci di linee/prodotti e questa non è una
fantasia di Gibson. La multinazionale Procter & Gamble
ha iniziato, da qualche anno, ad arruolare giovani nelle metropoli che contano
al solo fine di individuare nuove tendenze di consumo per poi assecondarle con
proposte cesellate su misura. Trend
setter sparsi tra Londra, Tokyo, Parigi… guarda caso dove si muovono i
personaggi del romanzo. Presidio del mercato, che altri come la Virgin affidano,
ad esempio, al viral marketing. Gibson trova il modo di metterne a nudo la tecnica,
affidando ad un personaggio minore, Magda, il compito di spiegarci in che cosa
consiste. La ragazza fa cappelli, ma sbarca il lunario in questo modo: “Decido
il look, vado nei club e nei wine bar e attacco bottone con la gente. Nel
frattempo accenno al prodotto del cliente, naturalmente in maniera positiva.
Sei in un bar, stai bevendo qualcosa, e qualcuno accanto a te inizia una
conversazione. Qualcuno di cui potrebbe piacerti l’aspetto. La situazione è
gradevole, tu continui a chiacchierare, e lei, o lui, perché abbiamo anche
degli uomini, accenna a questa nuova etichetta di moda di strada, e tu magari
parli di un bel film che hai visto di recente. Non si tratta di una promozione
evidente, capisci, soltanto un breve accenno favorevole. E lo sai cosa fai?…
Dici che piace anche a te! E menti!… E poi se la portano via… questa citazione
favorevole… ed è per questo che funziona. Loro non comprano il prodotto: riciclano
l’informazione. La usano per impressionare la prossima persona che
incontreranno. È un modello di marketing virale”. Dietro il racconto, l’impostura. Da oltre mezzo secolo la
produzione è accompagnata dal suo doppio narrativo, la finzione di marca, l’unica
in grado, tramite strutture seriali, di offrire proiezioni immaginarie: l’uomo
mascherato da consumatore da poter soddisfare qualsiasi anima una volta
riprodotta in vitro. Tutto può essere riprodotto in serie, il prodotto, il
racconto e il suo fruitore. La dimensione seriale, però, ha dei confini. La
permutazione avviene utilizzando determinati elementi e non altri. La metafora
che meglio ne racconta la logica è il Lego.
Ogni confezione ha un numero fisso di pezzi, un modello da costruire e una serie
di varianti. Con l’aumentare del numero di confezioni si amplia il ventaglio
delle variazioni possibili, per ottenere costruzioni di fantasia. La serie
moltiplica le infrazioni alla regola, estendendo il raggio d’azione.
Alcune operazioni, però, sono sempre impossibili: il
concavo e il convesso tali restano, se ho quattro piedini in un parallelepipedo
non potrò mai incastrarlo in uno che dispone di due cavità, dovrò ricorrere ad
un altro parallelepipedo da due, ampliare il numero di pezzi, allontanandomi
sempre di più dal modello originale fino ad un punto n, quando il Lego diventa
materiale altro, magari per realizzare manufatti artistici, ma questa è
l’eccezione non la regola. Anche l’eccezione non è un caso, il Lego muove
comunque dentro una dimensione ludica, mentre tutto rientra nella ferrea logica
della serialità industriale quando si passa a
meccanismi predisposti per l’agire condizionato del consumo. Vale anche quando
si simula il massimo della libertà operativa con la motivazione di offrire risposte su misura al singolo
individuo. Ikea,
di recente, ha allestito un servizio illuminante in tal senso nell’area cucine.
Il cliente può auto-progettare il suo arredo, avendo a disposizione diversi
strumenti, dal foglio in carta millimetrata e dei parallelepipedi in legno, a
computer sui quali è installato un programma di progettazione. Il gioco del
Lego con i pezzi contati, quelli del catalogo Ikea.
La serie che si propone come unica e dunque nuova, ma non affatto nuova e tantomeno unica, come tutte le produzioni su scala
industriale. Nuovo è il tentativo sempre uguale di
mistificare la volontà di potenza dell’impresa, proposta come volontà di
servire della stessa. Marche e consumatori, una relazione fatale. Bond & Bondage. Ecco la vera
missione segreta di 007.
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