Che
fine ha fatto la generazione che ha vissuto la rivoluzione
psichedelica? Una domanda a cui risponde “L’immaginazione al
podere. Che cosa resta delle eresie psichedeliche” a cura di
Antonio Castronuovo e Walter Catalano. Il titolo, già di per sé,
dice tutto. Il podere ha preso il posto del potere. Da
tempo.
Sono infatti passati oltre quarant’anni dal viaggio coast to
coast nell’estate
del 1964 del Magic Bus di Ken Kesey (l’autore di “Qualcuno
volò sul nido del cuculo”), evento che ha segnato la fine
dell’era beat e la nascita della psichedelia. Equipaggiato con
un bidone di aranciata corretta da acido lisergico, il Magic Bus
- omaggiato nel 1967 dai Beatles, nel loro crepuscolare Magical
Mistery Tour e dagli Who che lo mettono addirittura in copertina
- è il primo di una lunga serie di viaggi, più o meno
lisergici, intrapresi da hippies, figli dei fiori, artisti,
psiconauti, freaks e nobili alfieri della controcultura
occidentale, da Timothy Leary a Aldous Huxley. Migrazioni che
avrebbero dovuto aprire le porte a una nuova percezione. Ma,
alla fine, i nostri più che gli stati di coscienza hanno finito
per espandere portafogli, proprietà o marchi commerciali.
I sopravvissuti della stagione dell’acido hanno messo su
radio, ristoranti, wine bar, agriturismi, più o meno
spiritualisti o salutisti. O sono finiti per fare affari nel
supermarket mistico della New Age. Per non parlare di quella
frangia di alternativi che, pur profondamente immersi nella
cultura americana underground degli anni 60-70, sono diventati
paladini della new economy e hanno fatto carriera e che
carriera. Basti pensare, come rammenta Stefano Boninsegni nel
saggio “Psichedelismo e individualismo negli Stati Uniti”,
alla leggendaria figura di Steve Jobs, appassionato di India e
di miti psichedelici, che all’età di ventun’anni montò il
primo pc e fondò la Apple. D’altronde, a pensarci bene, la
comunicazione elettronica non è forse una comunicazione
liberata dal corpo? Fatto sta che gli eredi di quella
avanguardia li troviamo oggi seduti nei consigli di
amministrazione delle multinazionali hi-tech o a consigliare
formaggi di fossa e marmellate bio in qualche sperduto buen
retiro.
A dire il vero, non è questo il punto. Il libro non ha nessun
intento moralistico, nostalgico o apologetico; semmai il suo
obiettivo è quello di fissare, attraverso il contributo di
qualificati esperti e ricercatori, i contorni storici,
culturali, filosofici e artistici di una scena che propugnava
per ogni essere umano il diritto di gestire in proprio sistema
nervoso e di alterare la propria coscienza. Una scena che
esaltava la possibilità per l’umanità di giungere a un
rapporto meno conflittuale con la propria psiche, i propri
simili e con la natura. Una ricerca che ha pervaso da sempre
tutto l’Occidente.
Il risultato è un piano di lettura, a più livelli, che fa
emergere in tutta la complessità un movimento che si buon
definire, come ha scritto Matteo Guarnaccia (un maestro della
psichedelia internazionale) nell’introduzione a Kaleidoscope
– Suoni e visioni della psichedelia (Comune di Carpi, 2004),
una delle ultime utopie collettiviste del secolo scorso.