At Work
di Rational Diet Arrivano dalla Bielorussia,
sono al secondo disco, sono formidabili. Meglio dirlo subito, non
temono il confronto con le storiche formazioni a cui si ispirano, su
tutti gli Univers Zero (vedi Quaderni d’Altri Tempi n. XV), i
Present, in alcuni frangenti i Miriodor e, di conseguenza, i soliti
noti, ovvero Igor Stravinskij e Béla Bartók su tutti, ma
danno sempre l’impressione di avere ancora parecchio da dire. Lo
si capisce dalle prime battute del fulminante brano d’apertura,
Pukhow. Schierano violino, violoncello, sax, fagotto, chitarra,
tastiere, basso e batteria e condiscono il tutto con alcuni interventi
vocali. Austero organico, cameristico come vuole la tradizione
dell’art rock più dark, rispettata non solo nelle
soluzioni timbriche, ma anche e soprattutto in quelle armoniche e
melodiche, volutamente spigolose, contorte e aspre. C’è
grande freschezza, nonostante il genere sia un po’ consunto e
questo lo si deve probabilmente anche alla perizia strumentale che
supporta una vena compositiva in diverse occasioni già
più che matura. In questa chiave piace Ariel’s Last Dream:
Birobidjan, sorretta dall’uso percussivo del pianoforte sui cui
svolazzano un violoncello e un violino tzigano che rapisce, conducendo
alla ripresa inusitata del motivo conduttore della marziale e ariosa
Dear Kontrabandist, quasi come se si trattasse di un brano suddiviso in
due parti separate da altre tracce. Da segnalare l’adrenalinica
Horse Army, forse il brano più in stile Univers Zero e la
poderosa trazione ritmica di Closed Case. Cuore del disco è
però Condemned, che oltre a essere il brano più lungo
è anche quello dove la dimensione cameristica del gruppo viene
esaltata maggiormente e contemporanemente portata a più riprese
a un passo dalla deflagrazione totale. La materia sonora subisce seri
maltrattamenti nella parte centrale, prima di essere solennemente
ricomposta e lanciata collettivamente verso un furioso gran finale.
Chiude On Tuesdays, struggente ballad dalla struttura circolare.
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titolo At Work
di Rational Diet
etichetta AltrOck Productions
distribuzione www.altrock.it
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The Principle Of Intrusive Relationships
di Sao Paulo Underground Folate di suoni sfrigolanti,
pulviscolo sonoro soffiato ovunque, ritmi abortiti, filamenti funky,
fiamme di jazz elettrico, ci scappa anche il motivetto, mentre
rimbombano percussioni poco terrestri. Parte così questa seconda
uscita dei Sao Paulo Underground, sigla che Roy Mazurek, trombettista e
manipolatore di suoni elettronici, adopera per uno dei suoi progetti
prediletti. Mazurek arriva da Chicago, ha collaborato con la
crème del post rock, dai Tortoise ai Gastr del Sol, dagli
Stereolab ai Calexico. È soprattutto titolare di diversi
progetti musicali, in particolare due. Il primo è la Star
Exploding Orchestra, la cui ultima uscita (2007) vedeva coinvolto un
veterano dell’avanguardia jazzistica come Bill Dixon. Il secondo,
appunto, è Sao Paulo Undergrond (Mazurek si è trasferito
nella metropoli brasiliana) che in questa seconda uscita su cd, viene
proposto con organico ampliato, affiancando al percussionista,
batterista e a sua volta addetto alle elettroniche, Mauricio Takara,
altri due percussionisti: Guilherme Granado e Richard Ribiero. Il
risultato è una pastosa texture ritmica che rende ancora
più futuribile e astratto l’etno-jazz elettronico della
formazione. Emergono echi di Sun Ra un po’ ovunque e del Miles
Davis elettrico (a tratti in Final Feliz, evidente in Entre um
chão e outro). Un incontro ravvicinato tra i due, poi, sembra
prendere forma nella conclusiva, visionaria, Só por
precaução.
Brandelli di una memoria musicale del futuro, che così trattata
si colloca in un non tempo che contempla innumerevoli punti di fuga e
di raccordo, come in Barulho de ponteiro, minisuite in due parti. Pur
essendoci un nugolo di percussioni a innervare questi suoni, non
c‘è granché di fisico, di muscolare, tutto è
molto liquido, amniotico, e su questo galleggiano (o, a volte,
affogano) e riverberano la cornetta di Mazurek e tropicalismi spaziali
assortiti.
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titolo The Principle Of Intrusive Relationships
di Sao Paulo Underground
etichetta Aesthetics
distribuzione Audioglobe
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FilmWorks XXI
di John Zorn Inesauribile ed enciclopedico,
Zorn è emblematicamente postmoderno
nell’esplorazione/rivisitazione di ogni genere musicale e, come
certi scrittori di fantascienza o di fantasy, è impegnato da
anni a erigere colossali saghe e cicli che sembrano non avere mai fine.
In particolare, la serie dei FilmWorks ne asseconda magnificamente sia
la vena sperimentale sia l’anima seriale, poiché la
varietà delle pellicole da commentare vede un avvicendarsi di
organici, di soluzioni timbriche, di musicisti e di generi quanto mai
eterogeneo. In questa uscita (già sorpassata da un successivo
volume XXII) sono raccolte due colonne sonore, decisamente differenti
così come i lavori per i quali sono pensate. La prima Belle de
Nature, è un film erotico girato da Maria Beatty, regista
già incrociata da Zorn in due occasioni, in FW IV e VI. In
questo caso, Zorn ha utilizzato un trio a dir poco singolare: arpa
(Carol Emanuel), chitarra (Marc Ribot) e basso (Shanir Ezra
Blumenkranz). Il risultato è stupefacente. Ribot giganteggia e
basterebbe l’assolo incendiario che propone in Orties Cuisantes
per giustificare l’acquisto dell’intero disco. La seconda
colonna sonora, The New Rijksmuseum, è per un documentario
dedicato alla ristrutturazione del museo di Amsterdam. Lavoro di ottimo
livello, ma che non tocca i vertici della prima soundtrack, pur in
presenza di un organico altrettanto interessante per gli accostamenti
che propone. Al lavoro qui c’è, per la prima volta nei FW,
Uri Caine impegnato al piano e al clavicembalo. |
titolo FilmWork XXI
di John Zorn
etichetta Tzadik
distribuzione Evolution Music
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