L'azzurro del cielo
di Georges Bataille Scritto nel 1935 e pubblicato nel 1957, questo è il primo romanzo che Bataille firmò senza ricorrere a uno dei diversi pseudonimi adoperati nel corso della sua vita: Lord Auch (Histoire de l'œil), Pierre Angélique, (Madame Edwarda) e Louis Trente (Le Petit). Parte del testo, poi, risale a circa dieci anni prima, al 1926, anno in cui iniziò a scrivere W.-C. (ne uscì anche un’edizione italiana edita da Sole Nero nel 1970), il cui unico frammento, Dirty, venne prima edito a parte e poi reintitolato Introduzione, fungendo da prologo al romanzo. Stesura lunga e tormentata, dunque (come potrebbe essere altrimenti considerato l’autore?), tant’è che egli stesso nella Prefazione del ’57 scrisse: “avevo rinunciato a pubblicare questo libro”. Tutto ruota intorno al malessere del protagonista Troppmann, ossessionato da un mostruoso, osceno rapporto con la madre. Intorno a questo oscuro centro di gravità ruotano alcune donne, la Dirty (ovvero Dorothea) che intitolava il frammento originario, Lazare, Xénie ed Edith, sua moglie che in realtà è fuori della storia, partecipandovi solo in via epistolare, quasi un'altra presenza fantasmatica come quella della madre. Con ognuna di loro Troppmann instaura una situazione limite, sempre confinante tra sozzure ed estasi, agendo dentro un orizzonte costellato dai temi e dai luoghi prediletti da Bataille, l’impuro, l’immondo, il decomposto, il varco, il foro, il buco, l’apertura, affogando a più riprese in fiumi di alcool e spostandosi da Londra a Parigi e infine a Barcellona dove è testimone dell’avvio della guerra civile. Visionaria anticipazione questa della mostruosa aberrazione che di lì a poco avrebbe messo a ferro e fuoco l’Europa: il nazismo. Quanto a noi postmoderni, sebbene a nostra volta invasi da trasgressioni di ogni tipo, Bataille continua a sembrarci autenticamente maledetto e insano.
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titolo L’azzurro del cielo
di Georges Bataille
editore Einaudi
pagine XVIII-150
prezzo € 12,00
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La tirannia dei valori
di Carl Schmitt Il celebre giurista propone una per lui non inconsueta incursione nei territori dell’analisi politologica e filosofica. La riflessione sulla “tirannia dei valori”, frasario preso a prestito dall’Etica di Nicolai Hartmann, prende spunto dalla sua partecipazione ad uno dei seminari di Erbach organizzati da Ernst Forsthoff verso la fine degli anni Cinquanta. Schmitt si interroga sulle aporie sollevate dalla filosofia dei valori, sviluppatasi sostanzialmente nell’Ottocento in risposta alle dottrine nichiliste. Secondo l’intellettuale tedesco, il “valore” cela dietro di sé la negazione di tutto ciò che non rientra nella sua essenza, che deve essere in qualche misura contrastato, fosse anche in maniera esacerbata. Il rischio connaturato alla questione del valore, è che ogni valore potrebbe tendere a proporsi come assoluto, supremo, tendenzialmente irrispettoso di contenuti e pensieri di diversa foggia. Ecco che la logica del valore diviene vettore di un paradosso, perché può alimentare fanatismi a sostegno di ideologie intransigenti, tese ad annientare ciò che è a loro antitetico, foraggiando così a dismisura la portata della categoria del nemico. E “quando si tratta di imporre il valore supremo nessun prezzo è troppo alto”. Tanto che un ideale “paradiso dei valori” può essere portatore di inferni terreni. Per questo, secondo Schmitt, compito del legislatore è un difficile lavoro di mediazione, per non essere schiavi dell’attuazione immediata dei valori. Libertà, in fin dei conti, vorrebbe dire anche libertà dai valori.
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titolo La tirannia dei valori
di Carl Schmitt
editore Adelphi, Milano, 2008
pagine 107
prezzo € 5,50
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Gang bang
di Chuck Palahniuk Con quest’ultimo romanzo lo scrittore americano di origine franco-russa continua il suo lavoro di esplorazione dei bassifondi della coscienza e delle condizioni umane più diverse. In Gang bang ci descrive le dinamiche in cui si trovano coinvolti quattro personaggi, tre maschi e una ragazza, mentre si svolge quella che dovrà essere ricordata, nelle intenzioni degli organizzatori, la più grande gang bang di tutti i tempi: una situazione in cui una persona si trova a fare sesso nelle più varie modalità, con un numero indefinito di partner (anche di entrambi i sessi). In questo caso, la protagonista dell’impresa è Cassie Wright, mitica attrice di porno, che vuole chiudere la sua carriera con una performance che prevede ben seicento partner, per farne il film del suo ritiro dalle scene. I maschi di cui Palahniuk ci racconta i pensieri e le interazioni sono tre di questi partner: uno, il primo amante della pornodiva, il secondo, un vecchio attore in declino di telefilm polizieschi, il terzo, il sedicente unico figlio dato in adozione dell’attrice, mentre la ragazza è la coordinatrice di tutta l’operazione. Mescolando i loro pensieri con la descrizione del luogo in cui si svolge la performance e aneddoti grotteschi che riguardano la storia del cinema hollywoodiano, Palahniuk coniuga melodramma e documentarismo, soap opera e intrigo, descrivendo luoghi dell’anima e di lavoro in cui le cifre dominanti sono il degrado, la sporcizia, l’abbandono. Umori umani e artificiali che si mescolano, odori di cibo industriale e di cosmetici economici che riempiono l’aria, membra disfatte, flaccide, cascanti che si esibiscono in attesa della “chiamata” sul set per il proprio minuto di performance formano la scenografia che fa da sfondo alla vicenda, fino al colpo di scena conclusivo. Un romanzo tagliente, metaforico, ma anche disincantato sulla mitologia del porno. Un romanzo pornografico, sì, ma dell’anima, più che dei corpi.
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titolo Gang bang
di Chuck Palahniuk
editore Mondadori, Milano, 2008
pagine 208
prezzo € 16,00
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